Salvatore Mannino
Cronaca

Effetto virus, fabbriche avanti piano: i grandi nomi che non si fermano

Aperte Abb-Fimer, Tca Borri, Ceg e Lincoln. Tensione Tratos. All’ex Power One verso un accordo di rallentamento della produzione. Oltre 500 comunicano che proseguono l’attività

Power One

Arezzo, 27 marzo 2020 - Sono come isole che affiorano nel mare di un sistema industriale e manifatturiero arenato. Un arcipelago di aziende (560 su 45 mila censite dalla Camera di Commercio ma in quell’elenco non c’è solo la produzione) che vanno avanti, a volte perchè rientrano sicuramente nelle categorie cui è consentito sicuramente di proseguire la produzione, in alcuni casi invece per libera interpretazione del decreto Chiudi-Italia, con i sindacati che contestano, talvolta provano a ottenere almeno un rallentamento conttattandolo direttamente al tavolo con le singole imprese.

E’ la situazione, ad esempio, della Abb-Fimer, quella che fu la Power One di Terranuova e che adesso si è scissa in due: l’Abb (multinazionale svizzera) che realizza colonnine per la ricarica elettrica, sicuramente dentro il decreto per codice Ateco, e la Fimer che prosegue invece con gli inverter, dicendo di rientrare nella filiera del settore energetico.

Sono 180 dipendenti da un lato e 450 dall’altra (con gli interinali) più 200 nell’indotto, con altre sigle più piccole che se va avanti la casa madre proseguono anche loro. In tutto un migliaio di persone, per i quali stamani potrebbe arrivare un primo rallentamento dell’attività grazie a un accordo interno.

La potenza produttiva potrebbe essere drasticamente ridotta, sia per motivi di mercato che per il calo di personale già in essere: significherebbe che scemano di molto quelli che restano nelle linee produttive, con soddisfazione della base operaia, che in questo momento preferisce tutelare la salute dal rischio di contagio piuttosto che salvarsi da una cassa integrazione che riduce drasticamente i salari. L’altro caso caldo è alla Tratos Cavi di Pieve Santo Stefano.

Il proprietario, l’ex sindaco Albano Bragagni, dice sicuro che il lavoro continua e che le condizioni di sicurezza sono garantite (si veda l’intervista a fianco), il segretario della categoria Cgil, Gabriele Innocenti della Filctem (chimici, tessili ed energia) accusa: alla Tratos si antepone le esigenze dell’azienda alla salute. Il che fa scattare la risposta dura: oggi parte la segnalazione al prefetto.

A proposito: la commissione con le parti sociali ha esaminato per tutto il pomeriggio decine e decine di pratiche, a prima vista paiono quasi tutte formalmente in regola. Già sono scattati, comunque, i primi controlli della Guardia di Finanza, che verifica l’effettiva appartenenza alla filiera dichiarata,chiedendo riscontri anche alle imprese collegate. In Casentino, tanto per citare un caso, va avanti tutta la fliera dell’energia: Lincoln Electric (un’altra multinazionale) di Corsalone, Borri e Ceg di Bibbiena. Serve solo, come per gli altri, un’autodichiarazione, poi toccherà alla prefettura di intervenire in caso di documentazione fallace.

E’ il sistema col quale non ha spenti i macchinari la Tca, il terzo dei giganti della raffinazione orafa, che dice di appartenere alla filiera farmacecutica per alcune sue produzioni. Va in deroga, ma qui ci sono pochi dubbi, anche la Chimet, che recupera dagli scarti e incenerisce rifiuti ospedalieri, così come la Safimet, un po’ più piccola ma stesso ciclo produttivo. Fermo quasi del tutto il settore orafo, con i suoi 10-12 mila addetti, fra diretto e indotto.

Dopo UnoAerre e Graziella, anche Itam, un altro dei grandi marchi, ha chiuso tutto: 150 dipendenti in ferie e poi, se serve, in cassa. Secondo i sindacati, però, anche nel distretto dei gioielli ci sarebbero aziende che provano a non fermarsi. Il blocco ad ora sembra riguardare dai 70 mila ai 75 mila dipendenti di manifattura, edilizia, settore ricettivo-alberghiero, commercio.

Al lavoro insieme ai 20 mila della pubblica amministrazione, comparto finanziario e servizi, 8-10 mila addetti alla produzione, compresi quelli dell’agro-alimentare, con Buitoni, Fabianelli e Aboca in testa. Il motore dell’industria va al minimo ma non si spegne