di Salvatore Mannino
Di lui un premio Nobel per la letteratura come Doris Lessing ha scritto che "i suoi romanzi superano di gran lunga la più rosea delle aspettative, tanto da non riuscirte a posare il libro". Tutto ciò per dire che Tash Aw, scrittore malese ormai emigrato in Inghilterra, non sarà forse popolare in Italia come un autore di best seller, ma è di sicuro una stella importante, e in ascesa del panorama letterario internazionale, ormai abituale frequentatore dei festival letterari italiani, dal primo e più famoso, quello di Mantova, a Moby Dick, dove stasera sarà un po’, per dirlo in gergo pugilistico, il sottoclou, subito dopo Edith Bruck, cui farà seguito anche nell’orario, alle 21,15, sempre nello spazio di piazza della repubblica a Terranuova.
La stella di Tash Aw esplode di colpo nel 2005, con il suo romanzo d’esordio, una rivelazione: "La vera storia di Johnny Lim", ambientato nella Malesia degli anni ’30 e ’40, dove il protagonista, un immigrato cinese dalla vita controversa, mercante di stoffa, assassino, comunista clandestino, viene raccontata attraverso gli occhi di tre narratori diversi. Una specie di Rashomon trasferito dal cinema alla letteratura, che frutta subito al suo autore il Premio degli scrittori del Commonwealth. Mica male per uno che era giunto in Gran Bretagna nel 1991, a vent’anni, per studiare legge in un college di Cambridge. Ma il destino di avvocato non era evidentemente nelle corde di questo straordinario narratore del sud-est asiatico, che ben presto getta la toga alle ortiche per iscriversi a un corso di scrittura creativa dell’East-Anglia University. Evidentemente le lezioni gli sono servite o forse hanno solo evidenziato una vocazione che era già nel personaggio.
Tash Aw nasce nel 1971 a Taiwan da genitori malesi immigrati. Ci resta fino a due anni, quando la famiglia torna a Kuala Lampur, la capitale della Malaysia, dove lui cresce in un quartiere prevalentemente cinese. E serve a capire quanto l’identità dello scrittore sia composita: nonni anche loro di origine cinese, padre e madre immigrati, lui che si sente malese, anche se la mancata conoscenza del dialetto di famiglia gli impedisce di dialogare con i cugini, una perfetta padronanza delle principali lingue della zona, dal malese al mandarino, dall’inglese al cantonese.
Il talento di "Johnny Lim" è confermato nel 2009 dal secondo romanzo, quello della definitiva consacrazione, "Mappa del mondo invisibile", ambientato stavolta nella guerra civile indonesiana scoppiata nel 1964, qualche anno dopo l’indipendenza, nell’ambito della quale si dipana la storia di Adam un sedicenne il cui sviluppo è marcato dalle vicende che lo circondano. Adottato da un pittore olandese (l’antica potenza coloniale), si ritroverà solo quando questi viene arrestato nei torbidi.
Segue, ancora a distanza di quattro anni, nel 2013, "Miliardario a cinque stelle", sullo sfondo stavolta di Shangai, in cui si dipanano le storie parallele di cinque protagonisti assai diversi fra loro, due donne e tre uomini, fra i quali il miliardario del titolo. Infine, a conferma di una qualità indiscussa, arriva nel 2019 l’ultimo (per ora) titolo: "Noi, i sopravvissuti", pubblicato stavolta in Italia da Einaudi, mentre gli altri erano usciti per Fazi. La storia è stavolta quella dell’ascesa e caduta di un malese coinvolto nello sfruttamento di i clandestini. La sua verità è raccolta da una giornalista laureata negli Usa: i due volti di un sud-est asiatico in perenne ebollizione.