Salvatore Mannino
Cronaca

Contagio, oro e moda a fine stop? Il piano: ripartire da chi esporta di più

Ma districare le filiere è difficile Prudenza del sindacato: decida il governo ma evitare che le fabbriche diventino focolai. Il prezzo del metallo sfonda quota 50 euro

Orafi al lavoro

Arezzo, 16 aprile 2020 - Oro e moda saranno nel drappello delle aziende che ripartiranno per prime. Parola del governatore Enrico Rossi, coi sindacati che prudentemente concordano e gli industriali che scalpitano: l’hanno già detto che loro sono per una riapertura generalizzata, in condizioni di sicurezza ma senza distinzioni di settore. L’ultima parola, comunque, di qui al 4 maggio sta al premier Conte, con la precisazione che un prolungamento del lockdown potrebbe scatenare una tempesta con Confindustria e le altrre associazioni di categoria, qui ma non solo qui. Torniamo comunque all’idea di Rossi, che è quella di ricominciare dalla classifica virtuosa dell’export.

Le prime a riaccendere i motori sarebbero dunque le imprese che esportano di più. Fosse quello il criterio (l’Irpet, l’istituto regionale di studi economici ha già consegnato una prima lista dei settori) non c’è dubbio che oro e moda ci sarebbero dentro. E perchè entrambi i comparti rientrano nell’elenco dell’Irpet e perchè sono quelli che danno ad Arezzo il primato della provincia più espotatrice della Toscana, ai vertici anche in Italia, con l’84 per cento del Pil, circa 9 miliardi ogni anno, che finisce all’estero.

A essere precisi, il solo oro puro, cioè i lingotti, garantisce 4 miliardi e rotti, dai gioielli vengono 2,1 miliardi, mentre la moda vale altri 811 milioni. Il quadro, però, cambia molto se si ragiona in termini di imprese. Perchè se le grandi raffinatrici di lingotti si contano sulle dita delle mani, da Chimet a Italpreziosi e Tca (tutte rimaste aperte ma solo nei settori collegati alle filiere farmaceutica, sanitaria e dei rifiuti), le imprese del distretto dei gioielli sono all’incirca 1200, con un’occupazione di 10-12 mila addetti compreso l’indotto, e quelle della moda sono altre 800. In tutto duemila aziende che portano il made in Arezzo in tutto il mondo, con giganti come Prada (1200 dipendenti, fra diretti e indiretti) e UnoAerre (300 occupati, la più grande azienda orafa d’Europa).

Non c’è dubbio che si usa l’export come parametro loro ci rientrino. Il problema viene quando si prova a districare le rispettive filiere produttive. Come si fa ad esempio a sdoganare la pelletteria d’alta gamma del distretto della moda, senza considerare le aziende metalmeccaniche che forniscono gli accessori metallici come le fibbie? Il quadro, quindi, è più variegato di quanto possa sembrare.

Ripartire per settori non sarà semplice. A chiedere garanzie prima di ricominciare sono ovviamente i sindacati, a partire dalla Cgil. «Sono perfettamente d’accordo con il virologo Roberto Burioni intervistato da La Nazione - mette le mani avanti Alessandro Mugnai, segretario provinciale - bisogna a tutti i costi evitare che le fabbriche si trasformino in focolai di contagio come le Rsa.

Quindi decida il governo che ha i dati in mano, noi ci adegueremo e saremo i primi a essere contenti che si torni al lavoro. Non è questione di voler continuare una vacanza, ai lavoratori per primi girano le scatole. Se non altro perchè la cassa integrazione morde sulle tasche e in tanti fanno già fatica a pagare i mutui». Semmai, Mugnai si dice «totalmente d’accordo» con gli imprenditori quando chiedono condizioni chiare di sicurezza.

«Sarebbe una tragedia se si ripartisse dal teatrino dei codici Ateco. Le aziende hanno ragione quando chiedono di sapere quante mascherine (che non si trovano) servono, quanti termonscanner, quante sanificazioni. Non è possibile che accada ancora quello che è successo la domenica del lockdown, col decreto fantasma sulle chiusure».

Intanto, il mondo degli orafi, che non ha fretta di riavviare la produzione fino a quando non riapriranno i mercati dell’export (ma di ricominciare con modellistica e logistica sì) è in fibrillazione per le forti oscillazioni del prezzo del metallo, che è tornato a impennarsi. Anche ieri è rimasto sopra la quota psicologica di 50 euro. Un altro masso sulla strada della ripartenza