"Cerco operai ma nessuno si presenta"

Simone Gambassi, titolare di un’azienda metalmeccanica non riesce a trovare manodopera: "La scuola non prepara abbastanza"

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di Francesco Tozzi

Cerca tre operai per garantire la continuità della produzione, ma nessuno si presenta per un colloquio di lavoro. È questa la situazione che sta vivendo da mesi Simone Gambassi, titolare di un’azienda metalmeccanica di Terranuova. In un periodo di crisi del mercato del lavoro che prosegue ormai da anni, intensificatasi con la pandemia, lui cerca disperatamente persone da impiegare nella sua piccola fabbrica alle porte di Valvigna. Un dipendente è andato in pensione da poco, un altro ci andrà il prossimo anno. Il paradosso è che un’impresa con un vasto portafoglio di clienti rischi di non garantire la consegna degli ordinativi per mancanza di manodopera. Una difficoltà, quella di Gambassi, comune a tante ditte del territorio, che ricercano personale per le più svariate tipologie di mansioni. "Ho commissionato uno studio ad una società per capire le cause di questo problema - racconta l’imprenditore - che interessa molte realtà produttive.

Tanti pensano che questo rifiuto del lavoro sia dovuto al reddito di cittadinanza, che non stimola a cercare nuove opportunità. In realtà, secondo questa ricerca, i ragazzi tra i 20 e i 35 anni hanno cambiato radicalmente mentalità rispetto al passato. I giovani pensano che il primo impiego dopo la conclusione degli studi non debba coincidere con il lavoro che svolgerà per il resto della vita. Deve essere l’occupazione che permette di sopravvivere al momento".

Sempre citando i risultati di questa indagine, Gambassi spiega come è cambiato il modo di pensare. Non si entra nel mondo del lavoro partendo da zero e ponendosi l’obiettivo di una crescita professionale, ma il desiderio principale è avere fin da subito un ruolo impiegatizio, possibilmente poco stressante, magari iper precario, basta non sia fisicamente impegnativo. Ai sacrifici si penserà in futuro. Inoltre sono più attrattivi i grandi brand rispetto alle piccole aziende, perché offrono servizi di welfare considerati appetibili. Il titolare dell’azienda indica infine una possibile soluzione al cortocircuito. "La scuola spesso e volentieri non considera che c’è bisogno anche di tutti i mestieri per mandare avanti un Paese. Penso che gli istituti tecnici e professionali debbano ripensare all’offerta formativa, oggi poco utile nella pratica quotidiana. I giovani possono aspirare sia a diventare ingegneri della Ferrari, sia semplici tornitori".