
di Lucia Bigozzi
Campane a festa, come quando Cristina Rosi è tornata a casa dal lungo viaggio, tra ospedali e terapie e l’ha abbracciata per la prima volta. Campane a festa per Caterina, la figlia di due anni e mezzo partorita con cesareo al settimo mese di gravidanza mentre lei era nel buio del coma dopo un arresto cardiaco. Campane a festa dalla sommità della chiesa di Alberoro, dove la bara bianca entra tra due ali di folla e una selva di occhi pieni di lacrime. Babbo Gabriele ha il volto tirato, nonna Mirella è ripiegata su se stessa. E’ il giorno dell’ultimo saluto alla bambina che si è arresa nel reparto del Meyer. Ha lottato dalla nascita, ha sopportato gravi lesioni neurologiche, il giorno che il cuore della madre si è fermato. Le stesse di Cristina, assistita giorno e notte nella villetta di Alberoro dove vive insieme al marito Gabriele Succi. Lo strazio di nonna Mirella (madre di Cristina) e dei nonni paterni, Marcella e Orazio, le "tate" che in tutto questo tempo hanno accudito la piccola con grande dedizione. A sorreggere Mirella ci sono le amiche di Cristina che non l’hanno mai lasciata sola. C’è suor Stefania che ha curato Caterina come una figlia, stimolando la sua curiosità e provando a raccontarle il mondo. Al centro della chiesa la piccola bara è ricoperta di fiori bianchi. Una composizione di rose a forma di farfalla, piccoli cuscini con il disegno di un cuore, mazzi di fiori deposti ai lati del feretro.
La chiesa è piena di gente e chi non ha trovato posto sulle panche, sta in piedi. In tanti sono costretti ad attendere fuori, sul sagrato, sotto la pioggia che non dà tregua. Oltre cinquecento persone per l’ultimo saluto alla bimba che ha commosso l’Italia insieme a mamma-coraggio. Per loro si è mobilitata la comunità del web nella raccolta fondi per le cure e quella umana, fisica, che è tutta qui a rinnovare il sostegno a babbo Gabriele e ai nonni, cercando di consolare ciò che adesso appare un dolore inconsolabile. Le campane a festa sono la chiave di volta di un funerale che diventa la celebrazione dell’ingresso di Caterina in Paradiso: è la morte capovolta, la chiave che don Jean Marie Katentu usa per arrivare ai cuori di tutte le persone che hanno condiviso il dramma di questa famiglia. Nell’omelia ha ripreso le parole del Vangelo, Gesù che a una madre che piange il figlio appena morto dice “non piangere“ e poi lo invita ad alzarsi, a risorgere. La vita nuova è "già cominciata per Caterina, non piangete" scandisce rivolto a Gabriele e ai nonni. Proprio loro sono quelli che cita spesso nella riflessione, ricordando il coraggio e la forza di Cristina. Poi stabilisce un collegamento tra i "santi innocenti martiri uccisi da Erode che hanno professato la fede con il sangue" e Caterina che "ha professato la fede con il dolore". Il parroco immagina e descrive l’ingresso della bimba in Paradiso, "è in grande stile accompagnata dagli angeli". Per questo, oggi non ci sono "lacrime cupe ma lacrime di amore e speranza, di fede, nel Vangelo della vita". La piccola bara lascia la chiesa sulle note dell’Ave Maria di Schubert che la melodia di un violino rende dolcissima.
In mezzo agli ombrelli volano palloncini bianchi e grandi lettere color argento vengono innalzate al passaggio del feretro. Compongono la frase: "Ciao Cate". Qui, nessuno, le ha detto addio.