
Albano Bragagni (al centro) insieme ai figli Ennio ed Elisabetta
Repek
Donne ai vertici delle imprese. Elisabetta Bragagni, ingegnera, 41 anni, è la conferma del passaggio dall’eccezione alla regola. È amministratrice delegata di Tratos, uno dei maggiori produttori di cavi elettrici e fibra ottica nel mondo. Il suo mercato? L’azienda dispone di stabilimenti dove vengono prodotti tutti gli elementi dei propri cavi, inclusi conduttori, composti isolanti, fibre ottiche e cavi finiti. È una grande impresa internazionale che ha mantenuto la sua sede centrale a Pieve Santo Stefano ed ha conservato la matrice familiare.
Il cognome Bragagni è al vertice della piramide aziendale: presidente è Albano e i figli Ennio ed Elisabetta sono gli amministratori delegati. "Sono arrivata in azienda 15 anni fa – ricorda Elisabetta. Terminati gli studi in ingegneria è stato naturale entrarvi, portare avanti il lavoro appassionato di mio padre e precedentemente di mio nonno. Un percorso intrapreso da subito con orgoglio e con la consapevolezza di quanto fosse difficile".
In Tratos non siamo alla seconda ma alla terza generazione. La data di nascita dell’impresa è il 1966 e porta il nome di Egidio Capaccini, nonno di Elisabetta. Fu lui ad avviare l’azienda di trafilatura di fili in rame che divenne poi produttrice di cavi telefonici. Il balzo in avanti e la trasformazione della Tratos in impresa internazionale fu il compito che si assunse il padre di Elisabetta e genero del fondatore, Albano Bragagni. "L’esempio di mio padre è stato per me centrale. La stima nei suoi confronti e il rispetto che gli porto mi fanno sentire fiera, ogni giorno, di poter essere al suo fianco. Abbiamo avuto momenti difficili: ma sono rimasta, non sentendomi sacrificata ma privilegiata a poter lavorare in Tratos. Non ho mai trovato un contesto che mi potesse appartenere più di quello dove sono ora e dove sono cresciuta". Ha mosso i primi passi nel Regno Unito. "È stata l’occasione di vedere in piccolo quelli che sono i meccanismi in scala maggiore di una realtà industriale più grande e strutturata. Ho lavorato con impegno fino dall’inizio e non mi sono tirata indietro dal fare qualsiasi cosa fosse necessaria per il bene della Tratos".
Lavorare in un’impresa di famiglia non genera minori ma maggiori responsabilità. "È difficile non essere preoccupata per il futuro. Noi operiamo in un mercato internazionale e le tensioni in atto non rendono certo semplice la nostra attività. Inoltre io e mio fratello siamo consapevoli che si avvicina il momento in cui dovremo decidere da soli. Nostro padre non è soltanto un genitore ma il punto di riferimento, la garanzia di essere aiutati e guidati quando ne abbiamo bisogno. Ammetto che l’idea di dover essere io stessa una guida, senza il sostegno che ho oggi, mi intimorisce non poco".
L’identità della Tratos è cambiata in 59 anni e si modificherà ancora in futuro ma alcuni elementi, secondo Elisabetta Bragagni, sono destinati a rimanere: "Il lavoro dai tempi di mio padre è cambiato molto negli aspetti più burocratici e formali ma ritengo che le difficoltà da superare e gli approcci positivi da assumere siano sostanzialmente rimasti gli stessi. Ricordando nonno Egidio, sono convinta che Tratos si manterrà sempre indipendente dai grandissimi player del nostro campo, in modo da conservare la sua identità di azienda a gestione familiare caratterizzata da una passione per lavoro che va ben al di là del profitto in senso stretto. In fondo, come ricorda qualcuno, "abbiamo fatto tutti il bagno al Tevere da giovani".