
L'assemblea
Arezzo, 11 dicembre 2015 - NON SI TIRA indietro Roberto Bertola, amministratore delegato della Nuova Banca Etruria, «non avrei mai pensato - esordisce - che il mio compito sarebbe stato così duro, ma a me piacciono le sfide».
Un pensionato si è ucciso per aver perso i soldi investiti...
«Sono colpito, tutti noi lo siamo. Costernati e con le lacrime agli occhi. E siamo vicini alla famiglia».
La filiale gli aveva venduto obbligazioni subordinate, si poteva evitare?
«Chi poteva mai supporre che gli effetti del bail-in sarebbero stati questi, il dipendente era in buona fede perché il rischio delle subordinate pareva assolutamente teorico. Nostro è l’interesse che il cliente sia comsapevole di ciò che compra, il compito di una banca del territorio è anche quello di informare, di badare non al singolo ma a intere generazioni di clienti».
State assistendo a una fuga dalla banca?
«Noto tre fenomeni. Il primo è che chi aveva subordinate e si sente tradito abbandona la banca e chiude anche i conti correnti. Poi ci sono molti obbligazionisti senior in confusione e sta a noi far capire che rischi non ce ne sono e che la banca ora è sana. Infine assistiamo al ritorno di clienti che se n’erano andati e che adesso stanno tornando perché l’istituto è in bonis».
Che ne pensa del decreto salva-banche?
«E’ arrivato in ritardo, troppo a ridosso del bail-in e per questo è stato fatto troppo velocemente. D’altra parte ha però evitato il peggio».
Qual è stato a suo avviso l’errore più grave?
«Sono state sottovalutate le conseguenze collaterali. Vista in teoria c’è una netta distinzione tra obbligazioni ordinarie e subordinate, la realtà è però molto più complessa e andava capita prima».
La convince il fondo di solidarietà?
«Non mi piace la parola ma occorre trovare qualcosa che aiuti le fasce più deboli. La strada è impervia a causa dell’aiuto di stato, insomma non si possono prendere soldi dai contribuenti».
Come se ne esce?
«Non posso sostituirmi al governo, credo serva la costituzione di un ente terzo per far capire all’Europa che non si tratta di aiuto di Stato. Credo anche un’altra cosa».
Ce la illustri...
«Il fondo doveva essere costituito contestualmente al decreto, si sarebbero forse evitate certe conseguenze».
A cosa allude?
«Mi pare che molti stiano parlando solo per conquistare quattro voti in più».
Il fondo è l’unica strada?
«C’è pure quella del credito d’imposta e in questo caso l’agevolazione varrebbe per tutti».
Il governo dice: è stata l’Europa. L’Europa replica: ha scelto l’Italia la strada da seguire. Chi ha ragione?
«Credo che l’Europa abbia condizionato fortemente le scelte adottate. Ma ribadisco che il problema è stato preso in considerazione troppo tardi».
Lei è alla guida di una banca-ponte. Si sente un traghettatore?
«No, il mio obiettivo è recuperare la fiducia dei clienti e portare l’istituto a destinazione, non solo intatto ma anche migliore».
Con quali strategie?
«Abbiamo adesso tanta liquidità da mettere a disposizione del territorio, la banca è tornata e i fidi stavolta si concedono solo nelle nostre aree di riferimento. Intendiamo ripartire a tutto gas sull’oro e sul prestito d’uso, puntare sull’agroalimentare e su tutte le eccellenze di questa terra».
Pensa ad azioni di responsabilità nei confronti dei precedenti management?
«Ora mi occupo del presente e del futuro, poi metterò mano al passato. L’intenzione è di intentare un’azione di responsabilità, lo devo ai clienti, lo devo anche ai miei colleghi».
Sono uscite le indiscrezioni sui suoi compensi...
«Non ho nemmeno chiesto quanto avrei guadagnato, non sono qui per i soldi».