Bar, rabbia green pass: "Ci fanno chiudere"

Categoria in allarme per l’ipotesi di estensione della carta anche al caffè al banco. Ma c’è chi esce dal coro: "Torneranno i turisti"

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di Dory d’Anzeo

"Un caffè, grazie. Quanto è?", "Un euro e dieci, più il green pass". La conversazione potrebbe non essere più di fantasia fra qualche giorno. Proprio in queste ore, a Roma si ragiona di allargare l’obbligo del green pass ai locali al chiuso, compresi dunque ristoranti e bar. Un’ipotesi che mette in allarme molti proprietari e gestori. Ad esempio per Stefano Mearini, titolare dello storico locale Charleston e presidente di Fipe Confcommercio, si tratta di "una vergogna. Non capisco come si possano fare delle differenze così evidenti tra chi ha un ristorante, un bar e, ad esempio, i supermercati. Sembra un modo per colpire sempre i soliti. Prendere un caffè vuol dire che in tre minuti il cliente è fuori dal locale, possibile che crei tutto questo pericolo?".

La paura è quella di scoraggiare ulteriormente gli avventori, continua Mearini: "Ci sono clienti che non ho rivisto, perché non se la sentono ancora di fermarsi nel locale. Molti continuano a preferire la colazione a casa per sentirsi più tranquilli, per quanto la situazione sia migliorata, queste ulteriori limitazioni potrebbero farci tornare indietro".

Sulla stessa lunghezza d’onda le considerazioni di Maicol Cerofolini, del Bar Stefano in Corso Italia: "Sembra si faccia di tutto per evitare che la gente vada nei bar o nei ristoranti, mi sembra una previsione assurda. Potrei capire per il ristorante, dove per un pasto possono passare anche due ore e magari il cliente parla, starnutisce eccetera. Ma il tempo di permanenza in un bar è molto minore.

Se la previsione dovesse passare, sarebbe la morte dei piccoli locali. Servirebbe una persona addetta al controllo dei documenti, ad esempio, sembra una cosa gestibile? Bene o male, ho un locale grande, ma chi ha un bar di pochi metri quadrati come deve fare?".

Anche per Cerofolini, dunque, il green pass obbligatorio rischia di affossare di nuovo il settore: "Anche se rispetto al 2020 siamo in ripresa, se confrontiamo gli incassi attuali con quelli del 2019 siamo sotto del 30-40%. Così ci daranno il colpo di grazia. Mi domando cosa debba fare un imprenditore, oltre a seguire le regole: sanifichiamo, ci siamo dotati di tutti i dispositivi di sicurezza, rispettiamo le distanze. Che altro serve?".

Fuori dal coro l’opinione di Pietro Brocchi del Caffè dei Costanti: "Si fa fatica ad avere un’opinione netta, visto che ogni giorno si cambia versione. Però credo che in un bar le persone siano esposte, perciò sapere che tutti gli avventori hanno il green pass potrebbe essere una garanzia in più". Se sarà un ulteriore colpo al settore, Brocchi sa prevederlo: "Credo sia una scommessa. Ma il mio punto di osservazione è diverso, noi scontiamo in questo momento l’assenza di turisti, apriamo dal giovedì sera fino alla domenica, mi sembra già un miracolo aver tenuto tutti i dipendenti, con i costi mostruosi del locale. Non so se il green pass inciderà e come, ma se serve per essere tranquilli, allora ben venga".

Il certificato per i locali al chiuso è "la morte della nostra categoria" per Giacomo Furibondi del ‘Jungle in town’: "Considerato che la nostra clientela va dai 18 ai 40 anni, quelli che ancora non sono stati chiamati o non hanno concluso il ciclo di vaccinazione, e visto che il nostro locale è al chiuso per il 90%, sarebbe come tornare indietro, ora che si è rivede un po’ di luce. Ok il green pass, ma almeno si corra con le vaccinazioni".