di Luca Amodio
In dieci anni più di 3200 artigiani in meno in provincia di Arezzo. Un calo del 20%. Nel 2012 erano più di 16mila gli imprenditori nell’artigianato aretino: ora non sono nemmeno 13mila. Lo certifica uno studio della Cgia di Mestre su dati Inps. Non solo ad Arezzo: in tutta Italia è così con una riduzione su scala nazionale del 17,5% che significa 325mila artigiani in meno rispetto al 2012.
I motivi? I giovani non sono interessati alla professione, spiega la Cgia; ma anche chi è più in là con gli anni spesso chiude partita Iva e sceglie di diventare dipendente in altre aziende.
E ad Arezzo? Alessandra Papini, segretario generale di Confartigianato, ragiona: se è vero che "le aziende oggi non trovano manodopera perchè non c’è ricambio generazionale, d’altra parte è raro che ad Arezzo un imprenditore chiuda bottega per lavorare altrove come subordinato".
Insomma, qui, quello che manca, è il passaggio di testimone verso le nuove generazioni. "È il problema principale delle nostre aziende" spiega Papini. Da una parte non c’è quel "passaggio tra padre e figlio; dall’altra gli istituti professionali hanno perso un pò di appeal: e poi l’alternanza scuola lavoro dovrebbe essere proiettata maggiormente alla formazione e all’inserimento in azienda". Questo è il quadro generale ma il mondo dell’artigianato è in movimento: c’è chi ha subito il colpo di più, chi di meno e chi sta "esplodendo" cavalcando l’onda dei cambiamenti. Tra chi non affanna,"c’è il mondo dell’oro, la moda, il benessere, con parrucchieri ed estetisti. In particolare questi ultimi sono stati in grado di imparare a comunicare e usare le nuove tecnologie", spiega Papini.
New tecnology che tra l’altro sono diventate, di per sé, una di quei nuovi mondi in ascesa nel mondo dell’artigianato: social media manager, comunicatori e sviluppatori di siti web tra tutti. Un trend in crescita che però non compensa numericamente le professioni che stanno accusando di più.
"Fra tutte ad Arezzo c’è il settore di quelle manuali, come i ceramisti o chi lavora nei panifici, che anche per gli orari, sono difficili da trovare", continua Papini. Meno saracinesche aperte, spiega Cgia, rende i territori meno sicuri e con meno spazi di socializzazione.
"In centro non è ancora così, nonostante qualche attività in meno: ma in periferia l’assenza di alcune botteghe si vede", conclude Papini.