Apocalisse in A1, il padre non risponde al Gip: concessi gli arresti domiciliari

Il trentenne si è avvalso della facoltà di non rispondere. Gli arresti li "sconterà" da uno zio a Napoli. L'avvocato: "Quello che ha detto nell'immediato frutto dello choc"

La scena dell'incidente

La scena dell'incidente

Arezzo, 8 giugno 2020 - Non ha raccontato tutto del suo viaggio allucinante, trenta ore incontro alla morte (di genitori e figli):anzi, non ha raccontato proprio nulla. E' rimasto in silenzio, come del resto era suo diritto, avvalendosi della facoltà di non rispondere. E' la sintesi dell’udienza di convalida che Emil Ciurar, 30 anni, rumeno di etnia sinti, ha sostenuto stamani davanti al Gip Giulia Soldini.

Tutto si è svolto, come è ormai prassi da quando è cominciata l’emergenza Covid, in videoconferenza: giudice, Pm e avvocato difensore in aula, l’arrestato in collegamento dal carcere in cui è rinchiuso. Il Pm ha chiesto gli arresti domiciliari, che gli sono stati concessi: li sconterà da un suo zio di Napoli. 

Finora Emil si è soltanto confidato con i poliziotti della Stradale che gli hanno messo le manette: ero ubriaco di stanchezza, avevo viaggiato senza soste dalla Romania, un giorno e mezzo al volante da giovedì mattina.

Il giovane padre si era fermato solo per un caffè all’area di servizio Chianti, poco dopo Firenze sud: «Ma non ce la facevo a tenere gli occhi aperti». Infatti i testimoni raccontano che prima di finire contro il Tir che l’ha sventrata, la monovolume ha proceduto a zig zag per alcuni chilometri.

Ma sono frasi che l'avvocato Christian Vannucchi, all'uscita dal carcere dopo l'incontro con Emil, invita a prendere con le molle. "Erano frutto dello stato di choc che ha vissuto: oggi stesso non era ancora lucido e aveva bisogno di ripensare a quanto è successo. Per lui la pena è già nei fatti: ha perso i due genitori e due figli, ha un'altra figli al Meyer e la moglie appena dimessa".

Umanamente, la stanchezza può anche apparire come un’attenuante, ma dal punto di vista giuridico rende ancora più pesante la posizione di Emil, che ha perso i due figlii di 8 e 2 anni (una femmina), mentre la moglie, il fratello di 13 e l’altra figlioletta, gemella della vittima, sono ancora ricoverati in vari ospedali.

Il viaggio che si è autoimposto, migliaia di chilometri senza stop, è un’imprudenza palese, così come sono violazioni di legge il fatto che sull’auto omologata per sette viaggiassero in otto e che i bimbi non fossero su seggiolini dedicati. Ci potrebbe essere un’altra, grave infrazione: il fatto, ma è ancora da accertare con sicurezza, che viaggiassero tutti senza le cinture allacciate.

E’ un’ipotesi che nasce dalla dinamica dell’incidente, con il nonno ucciso dalle lamiere del Tir ma con alcuni che paiono sbalzati sulla strada. Il che farebbe pensare appunto che non fossero assicurati alla vettura.

Dovranno chiarirlo meglio gli accertamenti della Polstrada. Emil dal carcere, dice il suo avvocato, piange sulla sorte di figli e genitori e vorrebbe uscire per rendere omaggio alle salme. Secondo altri, invece, il suo è stato un atteggiamento indifferente. Intanto, la moglie,dimessa, è corsa al Meyer dalla figlia di otto mesi superstite.