Il primo rider-sindacalista: "Così entriamo nel delivery"

Davide Contu, nominato rappresentante dei lavoratori in Just Eat. Dalla crisi del suo negozio alle consegne, fino alla militanza sulle strade

Davide Contu, di Sesto San Giovanni, lavora come rider a Milano

Davide Contu, di Sesto San Giovanni, lavora come rider a Milano

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Milano - Una nomina che è un "simbolo", perché dopo anni di lotte formalizza la presenza del sindacato nel settore delle consegne di cibo e altri prodotti a domicilio regolate via app. Davide Contu, 51 anni, di Sesto San Giovanni, è il primo rider nominato Rappresentante sindacale aziendale (Rsa) della Cgil nella Città metropolitana per la piattaforma Just Eat Takeaway. Una figura di riferimento per la tutela dei diritti, finora inesistente nella giungla del delivery, introdotta in Just Eat con l’accordo che ha portato all’assunzione come dipendenti di tutti i ciclofattorini della multinazionale olandese in Italia, circa 700 solo a Milano.

È un altro passo verso la regolazione di questo settore?

"Sicuramente è un passaggio importante e ha un forte valore simbolico, perché in questa azienda viene formalizzata la presenza di un sindacato, che in altri settori è data per scontata. Questo potrebbe fare da apripista, anche se le altre multinazionali del delivery continuano a non riconoscere i sindacati, ad eccezione dell’Ugl che ha sottoscritto il “contratto pirata“".

Quali saranno i suoi primi passi come Rsa?

"Sicuramente una delle questioni più urgenti da affrontare è quella del monte ore, perché Just Eat ha inquadrato gran parte dei suoi rider con contratti da 10 ore settimanali che poi in molti casi vengono aumentate a 15 con un largo impiego del lavoro supplementare, che costa meno all’azienda e consente la massima flessibilità. Noi chiediamo che gli accordi vengano rispettati, evitando “trucchi“ che impattano sulle retribuzioni. Un’altra criticità è legata alle misure di sicurezza, perché viene fornito a chi va in moto un casco non integrale".

Quando ha iniziato a lavorare come rider?

"Sei anni fa, dopo che ho dovuto chiudere il mio negozio di cartucce per stampanti a Milano. Questo lavoro mi ha permesso di guadagnarmi da vivere in un periodo difficile. Da allora le condizioni sono peggiorate".

Quando si è avvicinato alla militanza sindacale?

"Dopo la firma dell’accordo pirata fra Ugl e Assodelivery ho provato tanta rabbia, mi sono iscritto al sindacato che sentivo più vicino a me, la Cgil, e mi sono messo a disposizione. Da allora ho incontrato centinaia di rider, ascoltando problemi di tutti i tipi. È stata anche una crescita personale, con momenti duri come la morte di Antonio Prisco, uno dei nostri leader, che mi aveva insegnato moltissimo".

Come giudica quello che sta succedendo nella logistica, con gli scontri di Tavazzano e l’omicidio del sindacalista Adil Belakhdim?

"Non si può morire così, è inaccettabile. È un settore con problemi enormi. Mi sembra di rivedere le stesse logiche che avevano portato al commissariamento di Uber Eats Italy per caporalato, ed è preoccupante il tentativo di mettere i lavoratori gli uni contro gli altri".