L’omicidio di "Cacciavite" e le bische clandestine Arrestati pisani e livornesi: la verità dopo 19 anni

Operazione "Garuffa" condotta dai carabinieri di Livorno e dalla Guardia di finanza di Pisa: 11 persone finite in manette. Dopo lunghissime indagini è stata sgominata una banda criminale radicata sulla costa dedita all’usura e all’estorsione

di Michela Berti

Era l’alba del 30 giugno 2002 quando la centralissima piazza Mazzini a Livorno fu squarciata da spari di pistola. A pochi passi dall’allora Cantiere navale Fratelli Orlando fu freddato Alfredo Chimenti; livornese di 47 anni, più conosciuto come "Cacciavite". Oggi, dopo quasi vent’anni dall’omicidio, Riccardo Del Vivo, Massimo Antonini e Gionata Lonzi sono stati arrestati per quell’esecuzione. Accurate le indagini dei Carabinieri di Livorno (comandante Massimiliano Sole, tenente colonnello Armando Ago, maggiore Michele Morelli), nell’ambito dell’operazione ’Garuffa’ (circolo al tempo coinvolto nel gioco d’azzardo), condotta con la Guardia di Finanza di Pisa (comandante provinciale colonnello Massimo Benassi), che ha operato attraverso il Nucleo polizia economico-finanziaria guidato dal tenente colonnello Pasquale Sisto, permettendo di sgominare una vera e propria associazione a delinquere per usura e estorsione.

L’omicidio di Cacciavite fece aprire gli occhi su un mondo, quello del gioco d’azzardo, che – dicono gli inquirenti – a Livorno era particolarmente florido. Fu proprio Del Vivo a premere il grilletto della Revolver calibro 38, che gli era stata procurata da Lonzi, e fuggire poi in sella allo scooter guidato da Antonini. Una resa dei conti tra gruppi che gestivano le bische clandestine e Chimenti, che aveva un glorioso passato da calciatore, era diventato un elemento centrale e pericoloso di questa rete malavitosa.

Nell’operazione "Garuffa" sono confluite però le indagini di ’Akuarius 1’ e ’Akuarius 2’. La prima sull’omicidio di Giuseppe Raucci, il 48enne trovato morto il 10 dicembre 2015 a Ginestra Fiorentina, la seconda del 2017 quando, su una nave arrivata nel porto di Livorno, furono trovati 140 chili di cocaina provenienti dalla Colombia. A gestire la compravendita ci sarebbe stata la ‘Ndrangheta: la malavita calabrese avrebbe contato proprio su Del Vivo, 68 anni, pregiudicato livornese, arrestato in carcere. Una rete che gli investigatori, coordinati dalla Procura di Livorno, hanno ricostruito durante le indagini per l’omicidio. La testimonianza di Del Vivo, oggi ai domiciliari perchè collaboratore di giustizia, ha permesso di riunire tutti i tasselli di questo complicata associazione malavitosa della quale facevano parte altri soggetti, arrestati, perchè colpevoli di un numero indeterminato di delitti di usura. Tante persone, almeno quindici quelle che gli inquirenti sono riusciti a scoprire, sono finite nella rete dell’usura, ricattate e minacciate perchè non riuscivano a restituire i soldi ricevuti.

Durante le perquisizioni nelle abitazioni delle persone arrestate, sono stati trovati decine di Rolex, Cartier e 90mila euro in contanti. In carcere Andrea Polinti, livornese 54 anni residente a Cascina, delinquente storico - ricordano gli inquirenti - autore di numerose estorsioni anche con metodi violenti. L’albanese Olsi Beshiri, classe ’79 residente a Calcinaia, che costringeva le vittime dell’usura a consegnare somme di denaro minacciandoli con la pistola. Ai domiciliari con braccialetto elettronico Giuliano Lonzi, livornese del ’49, Bruna Martini livornese del ’53, Valter Giglioli livornese del ’50, Stefano Bendinelli livornese del ’64, Manuela Scroppo residente a Cascina del ’79, Romualdo Monti classe ’65. Deferita in stato di libertà C.L. livornese del ’38.