Caso Amara, per Greco archiviazione in vista

Per i magistrati bresciani non spettava al capo della Procura milanese avviare l’indagine sull’avvocato Eni. Verso il giudizio gli altri pm

Migration

Il capo è quasi salvo,quattro dei suoi pm no. Non spettava al procuratore Francesco Greco procedere con le iscrizioni nel registro degli indagati sul caso della presunta Loggia Ungheria, poi da lui effettuate nel maggio 2020. Semmai, per metterle nero su bianco prima c’erano uno dei suoi vice, Laura Pedio, e il pm Paolo Storari, che lamentava però l’inerzia dei vertici. Per questo la Procura di Brescia ha deciso di chiedere l’archiviazione per l’ex pm di Mani Pulite ora a capo della Procura alla vigilia della pensione, indagato per omissione di atti d’ufficio.

La stessa Procura bresciana guidata da Francesco Prete, ha chiuso invece le indagini per l’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo e per Storari, accusati di rivelazione di segreto d’ufficio per il caso dei verbali di Piero Amara, che aveva parlato di quella presunta "associazione segreta".

E anche, in un altro filone, a carico del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e del pm, ora alla Procura europea, Sergio Spadaro, entrambi indagati e che ora rischiano quindi il processo per rifiuto d’atti d’ufficio per non aver depositato prove favorevoli (trovate da Storari) agli imputati del processo Eni-Nigeria su una presunta corruzione internazionale, finito in primo grado con 15 assoluzioni. Vicende complesse che si intrecciano e che hanno sconquassato la Procura milanese. Mentre gli altri quattro indagati dovranno difendersi probabilmente davanti ad un gup, Greco punta a chiudere la sua lunga e importante carriera almeno senza macchie penali, anche se lascerà una Procura disastrata.

Le indagini nei suoi confronti erano state aperte dopo le dichiarazioni rese nel corso degli interrogatori dello scorso maggio davanti ai pm bresciani da Storari. Non doveva “toccare“ con le sue indagini Amara, ha messo a verbale il pm, perché l’avvocato doveva essere convocato al processo Eni-Nigeria. A Greco era stato contestato di non aver proceduto tempestivamente con le iscrizioni delle notizie di reato dopo le rivelazioni fatte nel dicembre 2019 da Amara a Pedio e Storari.

Tuttavia, per la Procura di Brescia le mail scritte da Storari ai vertici sono della fine di aprile 2020, mentre non sono provate precedenti richieste verbali di accertamenti. A suo dire, per l’inerzia dei capi consegnò i verbali a Davigo nell’aprile 2020. Si mosse, si legge nell’imputazione, "al di fuori di ogni procedura formale, per lamentare presunti contrasti insorti con il procuratore". Storari si è visto assolvere a luglio dalla sezione disciplinare del Csm, dopo una richiesta di trasferimento cautelare. Davigo per i pm bresciani, violando "i doveri inerenti alle proprie funzioni" e abusando "della sua qualità di componente del Csm", pur avendo "l’obbligo giuridico ed istituzionale" di impedire "l’ulteriore diffusione" dei verbali di Amara, ne rilevò "il contenuto" a più consiglieri del Csm.

È ancora aperto, infine, il filone nel quale Pedio è accusata di omissione di atti d’ufficio sempre per le tardive iscrizioni su “Ungheria“, ma anche per la gestione dell’ex manager dell’Eni Vincenzo Armanna, grande accusatore nel processo sul caso nigeriano e per questo valorizzato da De Pasquale e Spadaro. I quali, però, avrebbero omesso di depositare prove su di lui, tra cui chat manipolate per accusare i vertici Eni.