Dura condanna al marito violento

Cinque anni e sei mesi: la donna gli addossava accuse tremende

Il giudice Gerardo Boragine

Il giudice Gerardo Boragine

Torre del Lago, 11 ottobre 2015 - Mesi e mesi di tensione. Prima in casa e poi sul lavoro. Mesi anche di paura. Di minacce. Circstanze anche roventi. «Dovevo per forza uscire da quel labirinto dove ero finita» ha ricordato la giovane donna moglie di un imprendite edile, originario del Sud Italia, da tempo trapiantato a Torre del Lago. La donna – che si era separata non senza fatica dal marito – era anche riuscita a prendere il toro per le corna, presentando un esposto denuncia ai carabinieri. Il resto l’hanno fatta gli inquirenti che sono riusciti a raccogliere gli elementi tali per arrivare a richiedere l’intervento della Procura. Morale della favola: l’uomo era stato rinviato a giudizio per estorsione, lesioni, minacce, violenza privata e inadempienza degli obblighi familiari (non pagava gli alimenti ai figli). 

Insomma un processo molto delicato iniziato tre anni fa e che nelle ultime ore è arrivato alla sentenza – pesante – di primo grado a carico dell’uomo: cinque anni e sei mesi di reclusione. Alla moglie separata (che si era costituita parte civile: tutelata nel giudizio dall’avvocato Cristiano Baroni) è stata intanto assegnata una provvigionale di diecimila euro. Il legale dell’imputato ha comunque preannunciato il ricorso in Appello non appena il giudice Gerardo Boragine – che ha seguito il processo – depositerà le motivazioni della sentenza.

E' soprattutto l’accusa dell’estorsione che ha pesato moltissimo nell’inchiesta: per l’accusa l’uomo – che era comproprietario e contitolare con la moglie della società – avrebbe voluto che la donna gli cedesse gratuitamente la sua parte. Una proposta che la donna ha sempre respinto. Proprio questo «no» ripetuto – per gli inquirenti – è stato la scintilla esplosiva del caso visto che per diversi mesi la giovane donna (madre di due bambini) ha vissuto nell’incubo che l’ex marito dal quale viveva serparata legalmente si ripresentasse con quel comportamento violento e vessatorio che non riusciva più a sopportare. «Ho paura» aveva confidato ad alcune amiche. Erano state proprio loro a convincere la donna a non subire più suprusi di alcuni tipo e a presentare la denuncia ai carabinieri. Detto e fatto. Il resto è la storia di oggi con la sentenza di primo grado ma con una sentenza che qualcuno dei presenti in aula ha definito «esemplare».