Rapina choc a Pontedera: "Uccidetemi con mio marito". Quaranta minuti in balìa di mostri

"La loro pistola puntata alla gola"

La rapina in via Filzi

La rapina in via Filzi

Pontedera, 2 novembre 2015 - «Vi prego: se proprio volete ucciderlo, ammazzatemi insieme a mio marito. Non potrei sopportare di vivere senza di lui». Poi la signora Marilla sviene davanti alle pistole: l’una puntata sulla sua gola, l’altra verso il letto del marito anziano e malato che dorme ignaro dell’incubo della moglie. La badante senegalese prega in un angolo fra le lacrime: «Ho due figli piccoli. Risparmiatemi. Abbiate pietà». Ma chi è un animale pietà non può averla. E’ una rapina terribile. Ingiusta. Cattiva. Vergognosa. Quaranta minuti in balìa di quattro mostri: tre dal volto coperto col passamontagna. Due armati di pistola. Siamo in via Filzi, tranquillo quartiere di Galimberti, alle porte del centro e da pochi minuti è passata la mezzanotte. «Sono entrati in casa – spiega la figlia Michela facendosi forza – e hanno immediatamente puntato la pistola verso la gola di mia mamma. Volevano soldi e gioielli e hanno chiesto di vedere la cassaforte». Ma la signora Marilla la cassaforte non sa dove sia. Non ne ha idea. E’ terrorizzata. «Dov’è il vecchio?» chiede un bandito facendo intuire che sanno tutto di quella casa e di chi vi abita. Ma il signor Giorgio sta dormendo. Così i quattro banditi giocano con la violenza. Uno punta la pistola verso l’uomo: «Che ne dici: lo ammazziamo? Ora, parla dov’è la cassaforte?». L’altro volta l’arma contro la donna: «Parla!».

Intanto gli altri distruggono casa: «Non è rimasto un cassetto al suo posto», ammette ancora Michela. Iniziano in un’opera sistematica di danneggiamento alla ricerca di gioielli e soldi. «Hanno addirittura – continua la figlia – staccato una pietra del ’500 perché evidentemente sapevano che in quel posto, qualche tempo fa, c’erano nascoste delle cose preziose. Che però non hanno trovato». La rabbia sale. La signora sviene. Ma i banditi vogliono continuare a torturarla psicologicamente. Le lanciano un bicchiere d’acqua in volto mentre interrogano la badante. «Ho due figli – dice la donna senegalese –. Risparmiatevi. Non so nulla vi prego». Intanto Galimberti, intorno sogna.

E nessuno si accorge che uno della banda fa la spola avanti e indietro. Intorno alle una, quando ormai la casa è devastata, la banda si arrende e – con qualche gioiello e diversi contanti – lascia la casa. «Le hanno urlato contro di tutto – continua Michela – mia madre è molto scossa. Adesso sta provando a rilassarsi ma dovrà prendere anche delle punture per calmarsi. E’ stata una cosa terribile». Un colpo studiato anche se solo relativamente andato a segno. Sul posto sono subito intervenuti i carabinieri e la polizia. Ma sono proprio i militari a condurre le indagini. La banda probabilmente ha una matrice straniera.