Venti anni fa l'addio ad Andrea Fortunato

Pisa fu il suo trampolino di lancio. Poi il Genoa, la Juve e la nazionale. Prima della leucemia che ebbe la meglio dopo un anno di cure e terapie e due trapianti

Andrea Fortunato con la maglia della Juve

Andrea Fortunato con la maglia della Juve

Pisa, domenica 26 aprile 2015 - Chissà se il «mito» di Paolo Maldini, capitano del Milan e della nazionale, si sarebbe sviluppato nello stesso modo se la leucemia non avesse prematuramente e tragicamente arrestato vita e carriera di Andrea Fortunato, uno dei più promettenti terzini sinistri che la storia del calcio italiano conosciuto, scomparso all'età di 24 anni, dopo oltre dodici mesi di ospedale e due trapianti di midollo osseo, proprio quando la guarigione sembrava fosse ad un passo.

Fortunato se n'è andato il 25 aprile di venti anni fa, ucciso da una polmonite e da un improvviso abbassamento delle difese immunitarie. Ma ha fatto decisamente in tempo a mostrare tutto il suo enorme talento, notato da Giovanni Trapattoni che obbligò la Juve a versare al Genoa, società proprietaria del cartellino del giocatore, la bellezza di 12 miliardi di vecchie lire pur di portarlo in bianconero. E poi dal ct Arrigo Sacchi che lo fece esordire in azzurro il 22 settembre 1993 a Tallin contro l'Estonia in una gara valida per le qualificazioni ai mondiali del '94 vedendo il lui la principale alternativa al laterale mancino del Milan.

Un dei primi in assoluto a riconoscerne il talento, però, fu ancora una volta Romeo Anconetani. Il quale, dopo averlo ammirato negli precedenti con la maglia del Como, approfittò di una lite fra lo stesso Fortunato e l'allenatore in seconda del Genoa Maddè per portarlo in nerazzurro. Arrivò a fine novembre '91 (esordì in Padova-Pisa 1-1) in una squadra fortissima, che poteva contare su talenti del calibro di Chamot e Simeone e attaccanti come Ferrante e Scarafoni. Sei mesi in nerazzurro che non bastarono ad aiutare il Pisa a centrare la promozione in A ma che furono più che sufficienti a far nascere uno splendido rapporto con il «presidentissimo» nerazzurro («con Romeo mi sono trovato benissimo – dirà anni dopo in un'ìntervista –, se ho capito qualcosa del mondo del calcio è anche per merito suo») e soprattutto per farne intravedere il suo enorme talento. Da Volpecina a Lucarelli fino a Capuano e Zavagno: ne ha avuti il Pisa di terzini sinistri importanti. Nessuno, però, con il talento cristallino di Andrea Fortunato.