Famiglia prigioniera dello stalker: un anno col maniaco alla porta

Appostamenti e telefonate a ogni ora. Nel mirino anche i figli

Un'aula di tribunale

Un'aula di tribunale

Lucca, 18 ottobre 2015 - Un vero incubo senza fine. Pedinamenti, appostamenti sotto casa, chiamate mute e minacce telefoniche a qualsiasi ora del giorno e della notte, estese anche ai familiari. Ma nel mirino c’era soprattutto lei, una giovane avvocatessa lucchese che aveva l’unica colpa di aver accettato di assisterlo in una vicenda penale di molestie ai danni di una dottoressa. «La voglio vedere morta e finché non è morta non sarò contento...». Protagonista di questa sconcertante e inquietante vicenda Marco Massoni, un disoccupato 48enne di Vorno, arrestato poi dai carabinieri di Pieve di Compito, in esecuzione di un provvedimento cautelare emesso dal gip di Lucca su richiesta del pm Sara Polino.

«La mia vita era diventata un inferno per oltre un anno – ha raccontato l’avvocatessa, ascoltata in aula, al processo appena iniziato davanti al giudice Genovese – e lui mostrava una pericolosa escalation, specie dopo che avevo dovuto rinunciare al mandato, disperata. Ho avuto la sfortuna di essere nominata come suo difensore d’ufficio, ma aveva pretese assurde, mi telefonava a ogni ora del giorno e della notte. Mi molestava per il gusto di farlo. “Mi piace rovinare la vita alla gente”, mi diceva. Ed ha preso di mira persino i miei suoceri, mio fratello. Non vivevamo più».

«Un caso inquietante – ha sottolineato l’avvocatessa – perché me lo trovavo sotto casa. Io uscivo con i miei figli sempre per mano, nel timore che li avvicinasse. Non mi ha mai aggredita, ma avevo paura anche per i bambini: correvo dalla porta di casa fino all’auto, e viceversa. La notte dovevamo staccare il telefono per dormire, ma spesso anche di giorno. Decine e decine di chiamate mute o di offese. C’era da impazzire, un incubo quotidiano. Mi pedinava e mi seguiva con l’auto, poi per fortuna gli hanno tolto la patente. Non si trattava di passione amorosa, ma di un’ossessione pericolosa. Cercava di rovinarmi la vita consapevolmente. A suo tempo avevo ritirato una prima querela contro di lui per molestie, ma è stato un errore. Io e la mia famiglia siamo tornati a vivere solo da marzo, quando l’hanno messo in carcere».