"Corruzione all'università", arrestati sette professori: "Nessun merito, ognuno ha i suoi"

Sono 29 i docenti coinvolti in tutta Italia. Per 22 scatta l'interdizione dalle attività. Tutto nasce dalle presunte pressioni su un ricercatore. Il rettore Dei: "Notizie come questa feriscono per prima la comunità universitaria"

Militari della guardia di finanza  (foto di repertorio)

Militari della guardia di finanza (foto di repertorio)

Firenze, 25 settembre 2017 - Mondo universitario sotto choc per l'arresto ai domiciliari di sette docenti universitari in un'inchiesta che parte da Firenze. Tra le ipotesi di reato c'è la corruzione. Altri 22 sono stati colpiti dalla misura dell'interdizione dalle funzioni di professore universitario e da quelle connesse ad ogni altro incarico accademico per la durata di 12 mesi. Complessivamente risultano indagate 59 persone. «Si dimostra il totale spregio del rispetto del diritto proprio da professori che sarebbero deputati ad insegnare il valore di esso», scrive nell'ordinanza il gip Angelo Antonio.

CHI SONO E DOVE INSEGNANO I DOCENTI - I sette professori arrestati sono Guglielmo Franzoni, tributarista di uno studio fiorentino e professore a Lecce; Giuseppe Zizzo (Università Carlo Cattaneo di Castellanza, Varese); Fabrizio Amatucci, professore a Napoli; Alessandro Giovannini (docente dell'Università di Siena, originario di Livorno e già ex direttore generale della Provincia labronica dal 2007 al 2011); Giuseppe Maria Cipolla (Università di Cassino); Adriano Di Pietro (Università di Bologna); Valerio Ficari (professore a Sassari, supplente a Tor Vergata-Roma). Insegnano tutti Diritto Tributario. Tra gli indagati risulta anche Roberto Cordeiro Guerra, che insegna Diritto Tributario all'università di Firenze. Il professor Cordeiro Guerra commenta l'inchiesta: "Emergerà la mia buona fede" (LEGGI).

"NON RIENTRI NEL PATTO" - Secondo quanto emerso, intercettazioni eseguite nel corso delle indagini condotte dalla guardia di finanza, che hanno portato all'arresto di 7 docenti, tra i commissari vigeva un «patto», un accordo per scambiarsi reciprocamente i voti e favorire i candidati 'sponsorizzatì da ciascuno. Delle intercettazioni proverebbero questo (LEGGI). «Non è che non sei idoneo... Non rientri nel patto», questa la frase, secondo quanto si legge nelle carte dell'inchiesta, che un ricercatore dell'Università di Firenze, la cui denuncia ha fatto scattare le indagini, si sarebbe sentito rivolgere da un docente dell'Ateneo fiorentino, che lo invitava a ritirarsi dal concorso, il cui superamento è necessario per l'accesso ai bandi da docente di prima e seconda fascia.

INDAGATO EX MINISTRO, "SONO ESTRANEO AI FATTI"  - Tra gli indagati figura anche l'ex ministro Augusto Fantozzi, che ha diretto vari dicasteri tra il 1995 e il 1998. Per Fantozzi, anche lui docente di diritto tributario, i pm Paolo Barlucchi e Luca Turco hanno chiesto l'interdizione e il gip, Antonio Pezzuti, si è riservato la decisione all'esito dell'interrogatorio, che verrà fissato nei prossimi giorni. Fantozzi ha ricoperto la carica di ministro delle Finanze nel governo Dini e di ministro del Commercio con l'estero nel primo governo Prodi. Il professor Fantozzi "è completamente e indubitabilmente estraneo ai fatti in contestazione in primo luogo perché era già andato in pensione all'epoca degli avvenimenti oggetto di indagine. La sua integrità è altresì testimoniata da una limpida e unanimemente apprezzata carriera accademica". E' quanto affermato dall'avvocato Antonio D'Avirro, difensore del professor Augusto Fantozzi, il quale fa presente che l'ex ministro "sarà lieto di fornire tutti i chiarimenti necessari nell'incontro con i magistrati - conclude il legale - che auspica possa avvenire il prima possibile".

ABILITAZIONI SOTTO LA LENTE - L'inchiesta, denominata "Chiamata alle armi", è stata portata avanti dalla Guardia di Finanza, coordinata dalla procura di Firenze. Sono scattate anche 150 perquisizioni in uffici e abitazioni. L'indagine si concentra sulle abilitazioni: ci sarebbero stati accordi tra docenti universitari di diritto tributario per spartirsi l'assegnazione di abilitazioni in base a "valutazioni non basate su criteri meritocratici bensì orientate a soddisfare interessi personali, professionali o associativi", si legge nei documenti della Guardia di Finanza.

LA "CHIAMATA ALLE ARMI" - Venivano scelti con una «chiamata alle armi» tra i componenti della commissione giudicante, e non in base a criteri di merito, i vincitori del concorso nazionale per l'abilitazione scientifica all'insegnamento nel settore del diritto tributario. Questo emergerebbe dalle intercettazioni. In una delle conversazioni, uno dei docenti, componente della commissione giudicante, affermerebbe di voler favorire il suo candidato, contrapposto a quello di un collega, esercitando la sua influenza con una vera e propria «chiamata alle armi» rivolta agli altri commissari a lui più vicini.

CINQUECENTO AGENTI IN AZIONE - In alcuni casi i professori erano pubblici ufficiali in quanto componenti di diverse commissioni nazionali nominate dal Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca. Sono oltre cinquecento gli uomini delle Fiamme Gialle che sono entrati in azione in tutto lo Stivale. Sulla misura cautelare da applicare ad altri sette professori, il Gip si è riservato di decidere dopo gli interrogatori. Le indagini sono state svolte in particolare dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Firenze. Le indagini sono state coordinate dal procuratore aggiunto Luca Turco e dal sostituto Paolo Barlucchi.

PRESUNTE PRESSIONI SU UN RICERCATORE - L'attività investigativa ha preso le mosse dal tentativo di alcuni professori universitari di indurre un ricercatore universitario, candidato al concorso per l'Abilitazione Scientifica Nazionale all'insegnamento nel settore del "diritto tributario", a "ritirare" la propria domanda, allo scopo di favorire un terzo soggetto in possesso di un profilo curriculare notevolmente inferiore, promettendogli che si sarebbero adoperati con la competente Commissione giudicatrice per la sua abilitazione in una successiva tornata.

"DA ANNI DENUNCIO QUESTO" - "Sono anni che grido contro il marciume che alligna nei nostri atenei, sono anni che scrivo a ministri, capi di governo, papi, 'imperatori del libero pensiero' e loro lacche' in livrea, per raccontare la storia di mio figlio, di tutti i Norman d'Italia". Lo dice il giornalista Claudio Zarcone, padre di Norman, il dottorando di ricerca in Filosofia, al suo terzo e ultimo anno di dottorato (senza borsa) dopo due lauree con lode, che nel settembre 2010 si lanciò dal settimo piano della facoltà di Lettere a Palermo, denunciando le 'baronie' universitarie, i trucchi e le chiusure del sistema, l'assenza di futuro. "Troppe commistioni fra rettori e politica - prosegue - fra docenti e politica, fra baroni e centri di potere statuali; troppi colletti bianchi in lizza per uno scanno di Palazzo. La chiamata alle armi tra i componenti della commissione giudicante, a Firenze, come a Bari, Roma, Foggia, Palermo, non è invenzione odierna".

IL RETTORE DELL'UNIVERSITA' DI FIRENZE -  "Prendo atto dell'inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica di Firenze -  afferma il rettore dell'Università di Firenze, Luigi Dei -  che riguarda il concorso nazionale per l'abilitazione scientifica universitaria all'insegnamento nel settore del diritto tributario e del fatto che, nell'ambito di tale inchiesta, risulta indagato anche un professore dell'Università di Firenze. Notizie come questa feriscono per prima la comunità universitaria e gettano un'ombra sul lavoro e sull'impegno di tanti docenti e ricercatori e, in generale, sulla stessa Università italiana. Ho fiducia che la magistratura faccia al più presto luce sull'accaduto e accerti le responsabilità personali".

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