Bucine, malati di Alzheimer e positivi al Covid: "Nei loro occhi leggi la paura"

Il racconto di chi opera da settimane al piano zero della Rsa. "Non mettono a fuoco il problema ma non vedono più i loro cari e alcuni infermieri di riferimento"

L'esterno della casa di riposo di Bucine

L'esterno della casa di riposo di Bucine

Arezzo, 2 aprile 2020 - Chiusi nella loro camera senza la possibilità di vedere i loro parenti, l’unico contatto è quello con i sanitari, figure avvolte nelle tute, il viso coperto da mascherina e visiera. Per gli anziani affetti da Covid-19 la solitudine è un mostro minaccioso quasi quanto il virus. Per quelli colpiti da Alzheimer o altre malattie neurodegenerative poi è ancora più difficile: «Non gli puoi chiedere come stanno e quindi devi applicare le procedure, ma anche guardarli negli occhi per capire quali possono essere le loro condizioni» raccontano gli operatori della rsa di Bucine.

«In tutti questi anziani leggi comunque la paura - fa notare chi li assiste -, non vedono più i loro cari e in alcuni casi nemmeno i loro operatori di riferimento». Il calvario è iniziato l’11 marzo, quando uno degli ospiti ha accusato febbre. In poco tempo tutti e 23 gli anziani del reparto, il cosiddetto ‘piano zerò dedicato ai malati di Alzheimer, si sono infettati. Poi è toccato agli operatori.

Chi ha il Covid ma non ha sintomi continua a lavorare, chi non può è in quarantena a casa. Chi non si è infettato continua a fare il suo dovere: «Siamo qui a combattere. Le nostre operatrici sono quasi tutte donne - racconta la presidente della cooperativa che gestisce il centro, Anna Balocco -, a casa hanno una famiglia e spesso dei bambini, per loro l’ansia è di essere inconsapevolmente un veicolo di contagio. Fanno turni massacranti, non c’è alternativa, e a dir la verità neppure loro la vorrebbero».

Ma non basta, la Asl Toscana Sud Est ha dovuto prendere in gestione il reparto e inviare una task force col suo personale: «L’apporto del personale della Asl è stato fondamentale - raccontano gli operatori -, e la capacità di collaborazione col nostro è andata al di là di ogni aspettativa. Si tratta di operatori non della zona, che non conoscono i nostri ospiti e che hanno dovuto rapidamente far propri protocolli di lavoro diversi, con grande serietà e professionalità».