REDAZIONE VIAREGGIO

Walchiria, il coraggio di un nome e di una donna

Il nome del destino. O il destino del nome. Fate voi. Certo è che per una ragazza nata negli anni ‘20 del secolo scorso chiamarsi Walkiria, con tutto il suo carico di storie e atmosfere legate alla mitologia tedesca, deve essere stato un motivo in più per non essere una comprimaria nel vivere quotidiano. Non che abbia sbracciato per dire "guardatemi, io sono qua". È stata un’evoluzione naturale. Detto e fatto: Walkiria Pelliccia – della quale proprio in questi giorni ricorre il decennale della scomparsa: ha lasciato la vita terrena ad un passo da diventare centenaria – è stata un vero personaggio di Viareggio, legando i due secoli, con storie vissute in prima persona che l’hanno vistaspaziare da Giacomo Puccini alle vessazioni subite dalla sua famiglia dichiaratamente socialista durante il Ventennio; dalla lotta di Liberazione (non popolando la zona grigia, di chi è rimasto a guardare per capire che piega prendeva la storia, ma diventando staffetta partigiana) al periodo ruggente di Viareggio e della Versilia negli anni del boom economico. E lo ha fatto con naturalezza e stile, portandosi addosso il “peso” sopportato con il gusto dell’ironia e dell’autoironia, di avere simpatie per il vecchio Pci e al tempo stesso frequentare la parrocchia e di non disdegnare il confessionale. Insomma una catto-comunista, volendo utilizzare un’etichetta che ha poi preso forma negli anni del compromesso storico. La signora Walkiria ha vissuto tutto questo stando dietro il banco di una profumeria, prima da commessa, poi da direttrice e quindi da proprietaria. Una profumeria-simbolo, fin da quando è stata inaugurata, perché frequentata da nobili e tanta bella gente; un locale all’epoca in cui la giovane Walkiria debutta nel mondo del lavoro si chiamava “La Floreale”.

Proprio lei, sembra che sia nata e vissuta in quel negozio: ha estro, è elegante, sa stare con le persone. I titolari (che hanno simpatie politiche diverse dalle sue) le vogliono bene: chiudono un occhio se non la tessera del Fascio in tasca ("Non l’ho mai presa", ha sempre ricordato). Lavora. E bene. Guadagnandosi la stima di tutti. Il tempo scorre. Arriva la Guerra. Mario Tobino ne “Il clandestino” racconta la Viareggio di quei giorni, il fervore con il quale ragazzi e ragazze non accettano il giogo nazi-fascista. Walkiria fa lastaffetta. Sa di rischiare ogni volta che si muove. "Ma non potevo restare mani in mano". Si impegna. Fa il suo. Viareggio riparte. E il negozio riapre. La Walkiria c’è. Al suo posto, dietro il banco, con sempre incarichi di maggiore responsabilità. È la direttrice. Serve clienti di sangue blu. Se cerchi un prodotto alla moda che non si trova, la Walkiria riesce a trasformare una richiesta bizzarra in una certezza. "Eccolo". Il mondo cambia. E negli anni ‘60, il marito - un giramondo per lavoro, innamorato come il primo giorno di quella donna - le regala il negozio. Così la Walkiria è... doppia: il nome della profumeria e la titolare. E ora quel volto continua a rivivere nel ricordo di chi l’ha conosciuta.