Un secolo a caccia della ’Rosa’ Più comprimari che protagonisti Cent’anni di versiliesi alla Corsa

L’esordio di un ciclista locale risale al 1924: il viareggino Emilio Pucci fu costretto al ritiro. Il più vicino alla vittoria è stato Chicchi nel 2012, beffato al fotofinish dallo sprint di Ferrari.

Un secolo a caccia della ’Rosa’  Più comprimari che protagonisti  Cent’anni di versiliesi alla Corsa

Un secolo a caccia della ’Rosa’ Più comprimari che protagonisti Cent’anni di versiliesi alla Corsa

“W Tutti“. È una delle scritte iconiche del mondo del ciclismo che appaiono sull’asfalto delle strade o sui muri, per regalare un sussulto o un’emozione. Nelle due ruote a pedali, la passione e il tifo del pubblico non sono solo per chi vince, ma anche per l’ultimo. E arrivare ultimo, non è un fallimento. Fa parte del gioco. E come tale, è un piazzamento che va accettato.

Nella storia del Giro d’Italia, ci sono ovviamente anche corridori versiliesi che hanno fatto parte della carovana rosa. Non che abbiamo guadagnato la copertina, questo no. Ma in qualche caso, non si può certo dire che siano stati solo comprimari. D’altronde, non sempre si può vincere, bisogna saper perdere: il barone De Coubertin direbbe "bravi, avanti così".

Ad aprire, un secolo fa, questo ideale palcoscenico è il viareggino Emilio Pucci che all’epoca veniva soprannominato “Il Girardengo della Versilia”. La sua prima e unica partecipazione al Giro del 1924 si risolve però con un nulla di fatto, visto che finisce nell’elenco dei ritirati alla seconda tappa. Ma il dado era tratto. Per trovare un corridore che oltre alla faccia ci mette i muscoli e l’intelligenza tattica, bisogna approdare nella seconda metà degli anni ‘50 quando Giacomo Fini di Seravezza (nella foto) dimostra di avere in serbo colpi vincenti. Vince il titolo degli “Indipendenti”, una categoria che il ciclismo moderno ha macinato, che gli apre la porta per il Giro con la maglia della “Faema Guerra”, della quale fanno parte due draghi come Gaul e Van Looy; Fini raddoppia le presenze al Giro nel 1959 con la “Bianchi Pirelli” e somma altre due partecipazioni, senza ottenere successi, facendo da balia ai promettenti Franco Bitossi e Roberto Poggiali.

Il corridore locale con il maggior numero di presenze al Giro è Paolo Fornaciari, al secolo “il gigante del Varignano”, un ragazzone tutto cuore e muscoli, che da promettente corridore aveva una marcia in più. Nei circuiti giovanili (quando indossava la maglia del Gruppo sportivo Versilia) spesso doppiava gli avversari: in altre occasioni, la sua iscrizione veniva tenuta nascosta dagli organizzatori, per far sì che le squadre si iscrivessero pensando "meno male che non c’è Fornaciari, altrimenti sappiamo già chi vince...", per poi apparire all’ultima ora alla partenza. Nei primi anni da professionista, ha dato l’impressione di poter aspirare a qualcosa in più del semplice comprimario. Qualche piazzamento di prestigio, una vittoria... fra i canguri australiani, poi la scelta di campo e di vita, ma addio sogni di gloria, andiamo al sodo: scudiero dei campioni. "Anche io – ha sempre raccontato Paolo, che ora gestisce una gelateria a Borgo a Buggiano – ho ‘vinto’ tre edizioni del Giro d’Italia: ho lavorato per Gotti, Simoni e Cunego, che hanno trionfato nel 1997, 2003 e 2004".

Chi è andato ad un passo dalla vittoria, è stato l’ex campione del mondo dei dilettanti nel 2002 a Zolder in Belgio, Francesco Chicchi: ogni volta che racconta la volata di Montecatini Terme, nel maggio 2012, è come se i fotogrammi scorressero al rallentatore. "Ho perso una grande occasione – racconta –: la vittoria al Giro, il sogno di ogni ragazzo, era ad un passo. Invece, sbucò fuori Ferrari, un’autentica sorpresa che nella sua carriera ha vinto poche corse, che mi bruciò sul traguardo. Ero a pochi chilometri da casa e dopo il giorno di riposo il Giro d’Italia sarebbe ripartito da Seravezza: vincere sarebbe stato come galleggiare per 48 ore su una soffice nuvoletta. Invece... Il rammarico di quella vittoria me lo sono portata dietro fino a quando ho gareggiato. E anche oggi, quando ci ripenso, mi arrabbio con me stesso". Vinicio “Pescetto” Marsili, Ettore Bazzichi, Gianluigi Barsottelli e Luca Cei sono altri corridori locali che sono entrati in punta di piedi nella storia della corsa rosa. Ed esserci è già un bel risultato visto che come nel calcio - forse la percentuale è più ampia - “uno su mille ce la fa”.

Giovanni Lorenzini