Tampone in ritardo, e invece aveva il Covid

Dopo 5 giorni senza esiti il medico di famiglia ha avvertito l’Asl ed è scattato il ricovero. Tanti bloccati in casa in attesa delle risposte

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Tosse e febbre alta. Ma cinque giorni di attesa non sono stati sufficienti per avere la risposta al tampone cui si era sottoposto venerdì della scorsa settimana. Così il medico curante ha segnalato il caso al 118. Risultato: covid accertato e ricovero in ospedale. A Livorno, naturalmente, che accoglie i pazienti versiliesi. E’ questo il caso più eclatante che sta accadendo in città e in Versilia. Ma esiste un problema diffuso che investe i medici di famiglia che combattono in prima linea il contagio da Coronavirus. "E in autunno la situazione rischia di degenerare, perché il nostro sistema sanitario non ce la fa a reggere l’attuale organizzazione". A lanciare il grido di allarme è il dottor Marco Cupisti, medico di famiglia che parla anche a nome di tanti suoi colleghi dopo essersi consultato e confrontato con il dottor Alessandro Squillace, rappresentante dei coordinatori Aft dei medici di famiglia della Versilia.

"Già adesso – dice Cupisti – siamo al delirio generale. Ad oggi (ieri per chi legge) non ho ancora notizie dei tamponi fatti venerdì scorso. E sto parlando di tutte persone sintomatiche che pertanto restano nel limbo. Vuol dire che i ragazzi non possono tornare a scuola e gli adulti non possono andare al lavoro". Secondo Cupisti il sistema sanitario attualmente non è in grado di processare un numero così elevato di tamponi. "Pertanto – spiega – bisognerebbe fare delle scelte e dare la precedenza assoluta a chi presenta effettivamente dei sintomi riconosciuti dal medico e a chi è in attesa di un intervento chirurgico che non può essere fatto senza la risposta del tampone. Invece viene fatto a chi semplicemente arriva in treno a Viareggio e magari ha fatto il biglietto a Torre del Lago. Questa, come altre situazioni, finiscono con l’ingolfare il sistema".

Il problema è pensare a cosa accadrà in autunno quando ognuno di noi, chi più chi meno, accuserà i classici sintomi dei malanni di stagione. "Le linee guida del Ministero – prosegue il dottor Cupisti – indicano come sintomi da Covid la febbre alta oppure la tosse oppure il naso intasato oppure diarrea oppure vomito. E tanti altri ancora. E basta uno solo di questi sintomi per creare un sospetto Covid. Ho mamme che hanno tenuto a casa il figlio per un giorno e ora vorrebbero rimandarlo a scuola, ma io non posso fare il certificato senza la risposta del tampone. Il ragazzo, insomma, rischia di perdere una settimana di scuola. E lo stesso vale per un lavoratore". In questo modo insomma si rischia di mandare in tilt il servizio sanitario, creando disagi e diffondendo il panico. "Noi tutti – prosegue – crediamo molto nella medicina del territorio. Crediamo nella possibilità di effettuare cure a domicilio. Non solo per il Covid, ma per tutte le altre patologie. Ma dobbiamo essere messi in grado di lavorare e di agire per il meglio nei confronti dei nostri pazienti. E come sta andando avanti adesso, assolutamente non va bene. Un altro problema: la risposta dei tamponi arriva soltanto a noi medici su una specifica App. Però il sabato e la domenica non siamo al lavoro. Così si perdono due giorni. Perché non informare direttamente i pazienti tramite mail o una telefonata?".

Paolo Di Grazia