ELEONORA PRAYER
Cronaca

Studente e reporter: "Nel carcere non si vive. Si resiste soltanto"

Lorenzo Solaini, alunno della 5^H dello Scientifico, racconta le voci dri detenuti dopo l’esperienza vissuta con il progetto scolastico "Dietro le sbarre". Il giovane presenterà questo articolo alla maturità come suo ‘capolavoro’.

Gli studenti. del « Barsanti e Matteucci» davanti alla. casa circondariale di Lucca

Gli studenti. del « Barsanti e Matteucci» davanti alla. casa circondariale di Lucca

Nel carcere non si vive. Si resiste – affermano i detenuti –. Il tempo qui non è scandito da orologi, ma da sbarre che si chiudono, chiavi che girano, e passi pesanti che risuonano nei corridoi come tamburi di guerra. Chi sta fuori si immagina la galera come un luogo di punizione, rieducazione, recupero. Ma chi è dentro sa che è solo un luogo dove finiscono quelli che hanno fatto qualcosa di troppo".

Dentro, le storie non si raccontano con vergogna. Si sputano. Senza retorica. Senza filtri. C’è Dario, il nome è di fantasia, che descrive l’istante in cui ha fatto il primo furto. Nessun tremore. Nessun rimorso. Solo necessità, per acquistare droga. Giosuè invece ha raccontato delle sue truffe con lo stesso tono con cui si parla di un lavoro d’ufficio. C’è chi ha fatto tutto per i soldi, o per la droga. Altri per abitudine. Alcuni, semplicemente, perché non sapevano fare nient’altro. Ma c’è anche Tomislav che ha spacciato e rubato quando aveva 17 anni e poi ha lasciato il Paese. Adesso a 40 anni è dovuto rientrare per conoscere la figlia e sconta la pena di vent’anni prima: "Sono cambiato – ha detto –. Ho sbagliato in adolescenza, ma adesso sono cambiato, ma prima o poi le colpe si pagano e le condanne arrivano, ti inseguono, prima solo nei rimpianti e nella vergogna ma poi arrivano vere e schiette anche nella vita". Poi c’è Andrea, altro nome di fantasia, che è finito dentro per aver maltrattato una donna, la sua donna, e dice: "Ora capisco. Qua dentro ho tutto il tempo per riflettere sui miei errori. Le donne vanno trattate bene, al nostro pari". La colpa, qui dentro, è materia quotidiana. Non pesa più. È come una seconda pelle. Ci si convive. In certi casi, il carcere è l’unico posto dove queste persone hanno un letto sicuro. Un pasto caldo. Un’identità. Fuori erano nessuno. C’è Marco che racconta: "Io entro ed esco dal carcere da quando avevo 18 anni, oggi ne ho 44. Ormai mi sento a casa. Fino a qualche mese fa quando uscivo andavo da mamma che mi accoglieva e mi voleva bene, nonostante tutto. Ma adesso mamma è morta. Dove andrò? Cosa farò? Meglio stare in carcere dove ormai ho i miei amici, la mia nuova famiglia". Molti non si sentono criminali. E quando parli con loro, ti rendi conto che quello che per il resto del mondo è ‘una scelta sbagliata’, per loro era l’unica strada possibile. Qualcuno prova ancora rabbia. Altri, solo rassegnazione. Ci sono occhi che ti fissano come se volessero sfidarti a giudicarli. Altri che ti evitano lo sguardo, come se l’ultima cosa che gli resta fosse la vergogna. Quando raccontano le loro storie, lo fanno con una lucidità feroce. Niente lacrime. Pochi ‘mi dispiace’. Solo i fatti. Come sono andati. Con precisione chirurgica. E una sincerità che fa male, perché non cerca redenzione. Solo memoria. E allora ti chiedi: chi può davvero capire cosa succede dentro, se non c’è mai stato? Chi può parlare di giustizia da una poltrona, mentre qualcuno la giustizia l’ha vista solo come un’altra forma di punizione? Dentro si sente tutto più forte: il silenzio, la rabbia, il tempo. Si convive con l’errore come con un parente stretto. Si dorme male, si sogna peggio. Si impara a mentire, ma soprattutto a stare zitti. Perché qui ogni parola può costare qualcosa. Eppure, in mezzo a tutto questo, qualcuno ci prova. A leggere, a studiare, a smettere. Ma non lo dicono a voce alta. Perché qui, sperare è un lusso. Queste sono voci raccolte nella casa circondariale di Lucca. Voci che non dimentichi. Perché il carcere, alla fine, non è un posto. È una condizione.

*Studente della 5^H del Liceo scientifico Barsanti e Matteucci