Viareggio, 15 settembre 2024 – Da una parte ci sono gli ombrelloni in fila indiana e le le cabine di legno allineate. Dall’altra parte ci sono le panchine in graniglia che per qualcuno sono diventate la casa. Nel mezzo c’è la strada. Con tutte le sue contraddizioni di esistenze vissute tra sogni e speranze. Per qualcuno diventate la realtà di una vita fatta di amicizie, di lavoro, di guadagni, di amori e generazione di nuova vita. Per altri restano sogni infranti in un bicchiere in cui affogare la frustrazione o cercare quel calore umano reminiscenza di un tempo che fu. E, poi, quella tentazione di far soldi rubando. Che è la scorciatoia che si usa quando si è finiti nel girone degli “invisibili“.
Esistenze parallele. Destinate a rimanere tali. Sempre che non accada l’imprevisto che, nel nostro caso, ha le sembianze di una sagoma che apre improvvisamente la portiera di un’auto per arraffare una borsetta. Così quelle esistenze, fino a quel momento lontane, si sono scontrate per una pochette passata di mano, sotto la minaccia di un coltello o forse no. Versioni di una stessa storia che si rincorrono e finiscono inevitabilmente col dare un prezzo alla vita umana che un prezzo non può averlo, ma che avrebbe invece valore. Quel valore che non cambia con il colore della pelle o il conto in banca. La vita è vita, per se stessa. Di 8 o di 80 anni. Bionda o mora, del nord o del sud del mondo. Colpevole o innocente che sia. Banalità a dirle. Ma banalità non sono, evidentemente. Sì, perché in questa storia che scuote Viareggio da una settimana, saranno i magistrati e gli avvocati a fare sintesi di giustizia in una sentenza. Piaccia o no. Quello che suona come una distonia è il contorno di commenti, lasciati nell’anonimato della rete, alimentati da chi cerca un’altra scorciatoia, quella dei like, anziché trovare soluzioni. E questo è altrettanto inaccettabile quanto la morte provocata. Forse dovremmo cominciare a sollecitare, come suggeriva due giorni fa Massimo Gramellini sul Corriere della Sera, chi – «con pensieri, parole, opere e omissioni – alimenta il serbatoio di rancore dei cittadini», anziché trovare le soluzioni. Che sono lì davanti agli occhi: leggi severe, carceri adeguate dove scontare una pena che sia percorso di recupero e non master di secondo in delinquenza, dotare le forze dell’ordine di risorse e organici adeguati e di rimpatriare effettivamente chi non ha un lavoro o un’opportunità reale. Viareggio è una città diversa. Da sempre. Aperta e accogliente. Innovativa e inclusiva. Rifuggiamo l’omologazione e cogliamo l’occasione di questo scontro di esistenze parallele, per pretendere che chi ha responsabilità di Governo le eserciti dentro le Istituzioni e continui a usare i social sì, ma per raccontare le decisioni assunte. Sarebbe un cambio di orizzonte. Per tutti. A cominciare dalle vittime di questa storia.