
L’ipotesi che anche l’ultimo capo d’imputazione nel processo per la strage di Viareggio, quello di disastro colposo, possa cadere in prescrizione, com’è avvenuto ai reati di incendio colpo, lesioni colpose plurime gravi e gravissime e omicidio colposo plurimo, "è inaccettabile".
Per questo i familiari della vittime del 29 giugno 2009, riuniti nell’associazione “Il Mondo che Vorrei“, hanno scritto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. "Affinché – chiedono – possa monitorare l’evolversi del nostro estenuante processo sul quale, ora, è calata l’ombra di questa nuova minaccia, di fronte alla quale siamo costretti nuovamente a scendere in piazza il 24 ottobre a Roma, di fronte al Parlamento, per far sentire in tutta Italia la nostra voce".
Un timore, quello dei familiari delle 32 vittime del treno merci carico di Gpl, deragliato ed esploso alle porte della stazione, fondato sui ricorsi presentati ai giudice della Corte di Cassazione da parte degli avvocati degli imputati che pongono, adesso, una questione di illegittimità costituzionale. "Tale proposta – spiegano i familiari – se venisse accolta, oltre alla sospensione dell’attuale giudizio, porterebbe ad attendere il responso della Corte Costituzionale, che nel caso peggiore finirebbe per prescrivere anche l’ultimo reato di disastro ferroviario". E questo "significherebbe non prendere coscienza dell’insicurezza in cui versano le nostre ferrovie, mancanza di responsabilità ed accettare ancora innumerevoli stragi impunite".
Al presidente Mattarella, che nel settembre 2015 accolse al Quirinale Marco Piagentini e Daniela Rombi, Il Mondo che Vorrei chiede dunque "Vicinanza", e anche quella dello Stato, "affinché venga fatto il possibile per evitare che anche quest’ultimo reato cada in prescrizione".
Ad oltre 14 anni da quella notte d’inferno, dopo più di 200 udienze e 4 gradi di giudizio, il 28 novembre, per la seconda volta la Suprema Corte sarà chiamata ad esprimersi. "Appurare la verità, definire le responsabilità – conclude i familiari – dovrebbe essere l’interesse principale di uno Stato “civile”, da perseguire in nome delle vittime e delle loro famiglie. Perciò non vogliamo promesse di circostanza, chiediamo solo quella Giustizia, che aspettiamo da oltre 14 anni".
Martina Del Chicca