ENRICO SALVADORI
Cronaca

Platini e Paolo Rossi, l'incontro in Versilia. "Il nostro calcio, amicizia e divertimento"

A Forte dei Marmi faccia a faccia tra due campioni che hanno fatto la storia. Ecco cosa si sono detti

Michel Platini e Paolo Rossi a Forte dei Marmi

Forte dei Marmi (Lucca), 28 agosto 2018 - Due leggende dello sport, due miti del calcio. Soprattutto due grandi amici. Che una splendida giornata di fine estate si ritrovano nella spiaggia più glamour della Versilia, Forte dei Marmi. Non è un incontro nostalgico. Tutt’altro. Perché questi due campioni, così amati dalla gente, vogliono dare ancora tanto allo sport che li ha consacrati: il calcio. Paolo Rossi e Michel Platini sono nomi di personaggi che hanno fatto sognare non solo i tifosi della Juventus per i quali sono idoli, che tutti conoscono a livello planetario. Su Pablito che fece piangere il Brasile e lanciò l’Italia alla conquista del Mundial 1982 viene realizzato un documentario internazionale prodotto da Michela Scolari (Adline group) che è anche sceneggiatrice, Ivo Romagnoli (Filmtuscany) e Andrea Naim (Naim Media Group). Farà da apripista per un film sulla vita del campione che arriverà alla prestigiosa ribalta del Festival di Cannes, dove è già stato annunciato.

Paolo Rossi e Michel Platini si sono ritrovati al Bagno Graziella di Forte dei Marmi dove la loro presenza non è passata inosservata. Troppo note le loro imprese, troppo popolari i loro volti. Anche nel calcio di adesso, così profondamente diverso da quello che li ha visti protagonisti sul campo. E così è venuta fuori una chiacchierata prima dell’intervista a Platini realizzata per il documentario dalla collega giornalista Federica Cappelletti che è moglie di Paolo Rossi e madre delle sue splendide bimbe Maria Vittoria e Sofia Elena.

Platini e Paolo Rossi in Versilia
Platini e Paolo Rossi in Versilia

PAOLO ROSSI: "Io alla Juventus sono arrivato bambino e lì sono cresciuto come uomo e come calciatore. Abbiamo vissuto grandissime stagioni in un mondo del pallone così differente ma più carico di fascino di quello di adesso".

MICHEL PLATINI: "Sì è vero. Feci la scelta di arrivare in Italia con molto entusiasmo e sono convinto di aver fatto bene a prendere questa decisione. Negli anni Ottanta giocavano un calcio che era gratificante in tutti i sensi. C’erano gli ingaggi importanti, inutile negarlo, ma c’era molto di più. Un entusiasmo, una voglia di divertirsi e far divertire che spesso in campo ora non mi pare di vedere. Il calcio non era solo soldi ma era condivisione e amicizia. Sia tra compagni di squadra ma anche tra giocatori di squadre diverse".

ROSSI: "La speranza è che questo tipo di calcio lo possano rivivere le nuove generazioni. Sia chi lo pratica, sia chi lo vede allo stadio o alla televisione".

PLATINI: "Me lo auguro anche io. E’ un auspicio che dobbiamo fare tutti".

ROSSI: "Anche il rapporto nel mondo che ruota attorno al rettangolo di gioco prima era diverso. C’era un contatto più diretto tra i media e chi di questo spettacolo era protagonista. Sia che si trattasse di club ma anche di nazionali".

PLATINI: "La cosa che mi viene per prima in mente sono i Mondiali del 1978. Giocavamo in Argentina e Italia e Francia erano nello stesso girone eliminatorio. Pochi mesi prima del Mondiale ci eravamo affrontati in un test match amichevole a Napoli. Arrivammo in Argentina e alloggiammo nello stesso albergo, situazione impossibile nel calcio moderno".

ROSSI: "Oltre venti giorni trascorsi all’Hindu Club che era la sede del ritiro per entrambe le comitive. Un paradiso in tutti i sensi. Voglio dire per la tranquillità che ci faceva lavorare bene in allenamento e perché non sapevamo cosa accadeva fuori. Era il Mondiale che si giocava in una nazione dove c’era una dittatura ma era tutto ovattato, silenziato".

PLATINI: "E voglio sottolineare che il tradizionale antagonismo che c’era tra Italia e Francia si viveva nel modo più sportivo possibile. Senza esasperazioni".

ROSSI: "Poi c’è stato il Mondiale successivo, quattro anni dopo, quello che abbiamo vinto in Spagna. Potevamo trovarci nella finale invece a contenderci il titolo arrivò la Germania".

PLATINI: "Fu una grande delusione per noi. Meritavamo sicuramente di più. Meritavamo di misurarci con la grande Italia di Bearzot. Eravate una squadra di grande qualità".

ROSSI: "Un’altra finale l’abbiamo giocata insieme, tre anni dopo. Una sera di fine maggio. La stessa maglia, quella della Juventus. Ma io avevo il numero 9 e tu il numero 10. Quella dell’Heysel a Bruxelles è una notte che non dimenticherò, non dimenticheremo mai. Arrivò la Coppa dei Campioni ma i 39 morti hanno segnato per sempre quel successo. Noi non ci eravamo resi conto cosa fosse successo. Nessuno ce lo aveva spiegato bene".

PLATINI: "E’ vero Paolo. Per te come per me quando dobbiamo raccontare quella giornata diventa tutto difficile. Un peso durissimo. Hai detto giustamente che non sapevamo cosa accadesse di tragico sugli spalti quando noi eravamo negli spogliatoi a prepararci ciò che attendevamo da mesi. L’ho sempre sostenuto e lo ribadisco. Fu giusto giocare quella partita nonostante quella tragedia immane. Un bilancio che sarebbe stato ancora più sanguinoso se fosse stato imposto lo stop e le squadre non fossero scese in campo".

ROSSI: "Ma torniamo ad argomenti più leggeri. Giustamente hai detto che durante il periodo alla Juventus sei stato molto bene. Tutti siamo stati bene grazie al gruppo forte in tutti i sensi. Coeso".

PLATINI: "Io ho dato il mio contributo in una squadra che era già fortissima. Tu Paolo con la tua velocità, l’intelligenza in campo e il tuo fiuto del gol facevi la differenza. Ma poi c’erano Cabrini, Tardelli, Scirea, Gentile. Grandissimi giocatori, grandissimi uomini. E anche vittime dei miei scherzi".

ROSSI: "Infatti io ero uno dei tuoi bersagli preferiti. Mi prendevi le sigarette e ti vantavi. Dicevi che le sigarette non le compravi tanto ci pensava Rossi".

PLATINI: "Era così. E pensare che stavano molto attenti a che ci limitassimo nel fumo. Ma io come ho sempre detto avevo una battuta fulminante. Dicevo: l’importante è che non fumi Bonini il nostro mediano sette polmoni che doveva correre per tutti".