"Non lasciò mai soli i suoi marinai" La pronipote ricorda Adone Del Cima

Il capitano di vascello, originario di Torre del Lago, era il comandante dell’ammiraglia della Regia Marina. Adonella, con il marito e il figlio sabato saranno sulla Cavour insieme al Capo dello Stato Mattarella.

"Non lasciò mai soli i suoi marinai"  La pronipote ricorda Adone Del Cima
"Non lasciò mai soli i suoi marinai" La pronipote ricorda Adone Del Cima

VIAREGGIO

Era il 9 settembre 1943 quando si consumò la più grande tragedia nella storia della Marina Militare italiana occorsa ad una singola nave in combattimento, nella quale persero la vita 1.352 uomini, quattordici dei quali erano viareggini e versiliesi, uccisi da fiamme ed esplosioni causate dalle bombe tedesche. La corazzata Roma, ammiraglia della flotta, fu affondata al largo dell’isola dell’Asinara in Sardegna. In quel tratto di mare, così bello, per sabato 9 sono stati inviati, a bordo della portaerei Cavour e alla presenza del presidente Sergio Mattarella, trenta familiari di quei caduti, tra cui Adonella Spadaccini, pronipote di Adone Del Cima che era il comandante della Roma, con il marito Valter Prunetti e il figlio Adone Michelangelo.

Adonella, che memoria resta oggi del suo prozio Adone Del Cima?

"Lui sarà sempre ricordato per la sua rettitudine, la sua forte vicinanza alla chiesa, il suo amore unico per la famiglia. Che da Torre del Lago lo seguiva trepidamente in ogni momento perché sapevano che lui dava tutto per gli altri. Era un punto di riferimento sicuro per i suoi marinai, così come lo era per i miei parenti. Una persona veramente speciale, e così è stato riconosciuto da tutti anche dopo la sua scomparsa. Lo ha raccontato bene Marco Gemignani nel libro del 2005".

Nella vostra famiglia il ricordo del comandante è stato e sarà sempre così importante?

"Assolutamente. Perché la sua bontà e la sua attenzione verso di noi non è mai mancata, anzi, mio padre Adone Spadaccini, che era del 1924, e le sue sorelle, ebbero aiuti economici per potere studiare. Mio padre frequentò le magistrali e poi l’istituto per geometri grazie anche alle donazioni di suo zio, seguendo poi una carriera professionale molto brillante. Il comandante non ebbe una sua famiglia, salvo, si dice, una relazione con una signora romana. E pur essendo trasferito, per esigenze di servizio, in diverse città, volle sempre mantenere un legame strettissimo con i suoi parenti torrelaghesi. Che vedevano in lui un giovane ufficiale destinato ad una brillantissima carriera, che purtroppo si chiuse con la tragedia del 9 settembre".

Nella lettera che scrisse alla madre l’8 settembre, si legge quasi un presagio di cosa stava per avvenire?

"Io dico di sì, se lo sentiva quasi come avesse visto il suo destino segnato. C’era una terribile guerra, avvenne quello che nell’arco di poche ore forse nessuno aveva previsto. Purtroppo".

Che impressione vi ha fatto essere invitati alle celebrazioni dell’ottantesimo anniversario?

"Ne siamo felici e orgogliosi. Non aspettiamo altro di arrivare a bordo della Cavour che si troverà proprio nelle acque dove si svolsero i fatti. Sarà un’emozione forte che rimarrà nella nostra memoria per sempre. Pensare che il mio prozio era proprio lì, ottanta anni fa, in quell’inferno di esplosioni che spazzarono via in un attimo tante vite, come la sua, è una cosa indescrivibile. La nostra famiglia è veramente grata alla Marina Militare che ci ha voluto partecipi di questo importante evento, dove ci sarà Gustavo Bellazzini, 102 anni, spezzino, oggi l’ultimo dei 622 reduci della Roma. L’anno scorso, alla cerimonia al monumento ai Caduti del Mare, mi raccontava del suo comandante come un vero padre di famiglia, buono e generoso. Così lo vogliamo ricordare".

Walter Strata