Le linee dei Nazca viste dall’alto

Volare sui misteriosi disegni nel deserto del Perù, tracciati dal popolo Nazca tra il 200 a.C. e il 600 d.C., è un'esperienza emozionante e indimenticabile. Un'avventura che regala una vista unica su figure geometriche, animali e acquedotti.

Le linee dei Nazca viste dall’alto

Le linee dei Nazca viste dall’alto

Nell’aeroporto di Nazca è tutto un brulicare di persone in attesa e di piccoli Cessna a sei posti pronti a spiccare il volo, mentre il video dell’ente del turismo del Perù propina in loop un documentario sulle civiltà che hanno vissuto in quelle zone del Perù nei secoli passati. Ci troviamo nel deserto peruviano con un obiettivo preciso: osservare le misteriose linee nel terreno tracciate dal popolo Nazca tra il 200 a.C. e il 600 d.C. che si sono conservate grazie al clima arido dell’area. Tra moltissime linee, figure geometriche e enormi disegni di animali tracciati con solchi profondi solo pochi centimetri, un’infinità di congetture permea un popolo entrato nella leggenda.

Quando chiamano il nostro turno per i controlli di sicurezza, l’adrenalina comincia a farsi sentire e lo stomaco si chiude preventivamente. È il pilota stesso che ci accompagna lungo la pista di atterraggio fino al nostro minuscolo aereo: qualche foto di rito, sistemazione rigorosa nei posti assegnati affinché il peso sia bilanciato ed è il momento di decollare.

Quando l’aereo si porta in posizione lungo la pista, le mani cominciano a sudare e il frastuono del motore è tale che sembra che si stia per spezzare da un momento all’altro. Quando il trabiccolo prende quota si è sballottati come in una centrifuga mentre Nazca si dipana sotto ai piedi. Le nostre cuffie sono in linea diretta col pilota, che oltre a condurre il velivolo ci illustra le figure che si scorgono sul terreno. Ci vuole qualche minuto per diventare abili a individuarle, ma quando ci si riesce è un’emozione incredibile.

Sorvoliamo sul cane, sui triangoli, sul condor, sulle mani, sull’albero, su una figura che viene chiamata l’astronauta e che per questo crea ancora più mistero. La figura che mi impressiona di più è il colibrì, perfettamente conservato. Infine sorvoliamo sugli acquedotti Antonini, una ventina di cerchi perfettamente realizzati che sembrano spirali verso le viscere della terra e che hanno permesso al popolo Nazca di sopravvivere a lungo. Dopo poco più di mezz’ora di volo, il piccolo aereo tocca terra. Nonostante questo, reggersi bene in piedi non è affatto semplice, le gambe tremano e lo stomaco è sottosopra, ma ne è valsa la pena.