DANIELE MANNOCCHI
Cronaca

La sicurezza è un diritto. Un bollino di qualità per le aziende più virtuose

L’idea viene lanciata da Nicola Riva (Cgil): "Le criticità maggiori nel mondo degli appalti". Un riconoscimento a chi non guarda solo al mero profitto, ma anche al bene dei dipendenti.

La sicurezza è un diritto. Un bollino di qualità per le aziende più virtuose

La sicurezza è un diritto. Un bollino di qualità per le aziende più virtuose

La piaga degli infortuni sul lavoro non può essere un tema caro soltanto i sindacati. La sicurezza dev’essere patrimonio comune e trasversale. Per questo Nicola Riva della Fiom Cgil rilancia l’idea di un bollino di qualità di cui potranno fregiarsi le aziende della cantieristica che rispettino determinati standard, sia in termini di diritti che – ed è consequenziale – di sicurezza.

Riva, una fotografia del mondo del lavoro versiliese?

"Le condizioni rimangono più o meno le solite: le maggiori criticità sono legate all’universo degli appalti. In questi casi, c’è sempre il dubbio che non vengano adempiuti gli impegni di legge in termini di sicurezza; inoltre, ci sono rischi legati legati alla compresenza di diversi attori nel medesimo scenario".

È un tema caldo anche nella nostra cantieristica?

"Le aziende di nome, quelle più blasonate, hanno un’attenzione più marcata al tema della sicurezza. Quello che manca è un coordinamento per la sicurezza nei casi in cui più ditte in appalto lavorino in contemporanea. Noi cerchiamo di sopperire a questo vulnus tramite gli accordi aziendali, nella speranza che arrivi una norma generale che possa regolamentare il tutto. La nautica di lusso è un settore che genera miliardi di ricavi: in tutto questo, l’attività del Distretto non produce alcun effetto dal punto di vista della qualità del lavoro".

Cosa bisognerebbe fare?

"Spesso si sente parlare di ’riconoscibilità’ dei nostri prodotti. E allora le istituzioni e il mondo delle imprese, ognuno nel proprio ruolo, dovrebbero mettersi al tavolino per costruire un marchio di qualità da assegnare a quelle aziende che danno garanzie minime in termini di diritti e di sicurezza. Qualcosa di riconoscibile, di cui le aziende virtuose possano fregiarsi per dire: ’noi siamo qualcosa di diverso dal mero sfruttamento per grandi profitti’".

Quali dovrebbero essere questi standard minimi?

"In primo luogo il rispetto del contratto nazionale, senza zone di grigio. Bisogna che il lavoro sia qualificato a partire dalla sicurezza, dai diritti e da un salario dignitoso. E servono terze parti che si occupino della formazione dei lavoratori. Noi, come sindacato, non siamo organi ispettivi, non possiamo arrivare ovunque: non è né il nostro ruolo, né la nostra funzione. Chi ha in capo le responsabilità del settore dovrebbe fare un passo avanti, al di là dei proclami, per creare un distretto che produca qualità e certezza dei diritti, oltre ai soli ricavi".

Nell’orizzonte attuale, come si inserisce l’immigrazione?

"Il Versilia, il fenomeno dello sfruttamento di lavoratori immigrati esiste ma è circoscritto. Nell’area pisana invece ci sono figure, specie dal Bangladesh e dal Pakistan, che accettano ogni condizione per portare a casa un pezzo di pane. Con controlli molto scarsi da parte degli enti preposti".