
La chiamata alle... arti. Casting per salire sul carro
Stanno per passare giusto quattro lustri da quando Gilbert Lebigre e Corinne Roger (2004) rivoluzionarono il Carnevale puntando per primi sull’aspetto coreografico. Niente più classico pagliaccetto ma balli studiati da coreografi e musiche a tema. Da allora un po’ tutti i carristi si sono adeguati al nuovo corso. Fra coloro che non hanno mai fatto segreto di puntare tanto sull’aspetto teatrale, emozionale e di interazione col pubblico, c’è sicuramente Matteo Raciti, che nel 2024 farà il suo esordio in Seconda categoria. Forte della solidissima collaborazione con Kalligeneia Teatro, Raciti ha aperto la sua ’Chiamata alle arti’ per la ricerca dei nuovi figuranti. Un vero E proprio casting specificatamente riservato a coloro che hanno il teatro nel sangue e che vogliano mettersi alla prova. Fra i punti del regolamento, oltre a quelli relativi alla sicurezza – si ricorda che la costruzione è considerata cantiere di lavoro e quindi i costruttori sono responsabili in toto del comportamento dei propri figuranti –, ce ne è qualcuno che farà discutere. Le candidature, che dovranno essere singole, dovranno essere inviate via mail ([email protected]) e accompagnate da una breve motivazione della scelta. Non verranno prese in considerazione candidature di bambini sotto gli 8 anni (i minorenni sul carro dovranno comunque essere accompagnati dai genitori) "per ragioni di sicurezza e di natura dello spettacolo che andrà sviluppato" spiega lo stesso Raciti. Le maschere poi dovranno superare un periodo di prova e, infine, per essere ammesse dovranno aver partecipato almeno alla metà delle prove in programma. Insomma, un po’ per limiti relativi alla sicurezza e un po’ per lo stile di spettacolo, il casting sarà indirizzato soprattutto agli amanti di teatro e a maggior ragione a chi ha anche un po’ di esperienza. Le regole stabilite, rispettabili, se da un lato si sono rese necessarie per crearsi, probabilmente, uno zoccolo duro di figuranti, dall’altro rischiano di far storcere la bocca a chi intende il Carnevale come pura evasione e non concepisce che i figuranti, che pagano il costume, debbano sottostare a regole così ferree. Il dibattito quindi su cosa sia diventato partecipare a una coreografia ritorna d’attualità. Più presto di quanto si possa pensare, ci sarà spazio solo per corpi di ballo professionisti? La domanda è lecita. In fondo Raciti non è l’unico.
Sergio Iacopetti