
Imbottigliati in Darsena. Per un chilometro e mezzo si impiegano 14 minuti. E la sosta è una giungla
"Il sole, il mare, la trabaccolara, la casa di Viani nella vecchia della della Fornace, i primi bastimenti del Pasquinucci. Purtroppo però siamo famosi nel mondo anche per qualcosa di negativo..." Gira e rigira parlando della Darsena il discorso cade sempre lì: sul traffico. Sembra (con qualche adattamento sul tema) la scena del film “Johnny Stecchino“ e la piaga di Palermo.
Sul traffico della Darsena sono state dette così tante cose che ormai il confine tra leggenda e realtà è sfumato, come la vernice spray delle promesse d’amore sul Muraglione. Tra i residenti di via Coppino c’è chi racconta di "pareti che vibrano e facciate crepate dal passaggio dei mezzi pesanti"; di estati "passate con le finestre sigillate per proteggersi dalla polvere e dallo smog"; di una "situazione invivibile".
Sulla bacheca social dell’assessore all’urbanistica Federico Pierucci, a poche ore dal voto per l’adozione della variante che ripensa gli spazi del quartiere e che apre la strada anche al completamento dell’asse di penetrazione, il confronto è vivace. "Ma l’asse non è la soluzione", replica la frangia del ’No’ "Perché nuove strade portano solo nuovo traffico, meglio adeguare quelle che abbiamo". E se l’asse, poi, sarà a traffico limitato? Destinato solo al trasporto eccezionale delle grandi yacht? "Completamente inutile per chi vive, studia e lavora qui" sentenzia il fronte del ’Sì, però..’". Comunque, come ogni dì, ieri all’ora di punta ci siamo infilati nel girone degli imbottigliati.
Ore 7.30: l’ora che anticipa la prima campanella a scuola (il quartiere ne ospita di ogni ordine e grado) e la sirena dei cantieri della nautica, intorno ai quali gravitano ogni giorno circa 8mila addetti più i mezzi commerciali, puù o meno pesanti. Un uggioso mercoledì di metà ottobre, abbastanza piovoso da costringere i più a spostarsi in auto. Tutte le porte della Darsena, il ponte di Pisa, il ponte Girante,la stazione Vecchia e via d’indipendenza, sono sbarrate da una colonna di mezzi che sbuffano. Noi, grazie alla clemenza di un automobilista che con la mano ci fa cenno di passare, da via Indipendenza entriamo nella Darsena Lucca e scendiamo giù lungo via Coppino. Per sorpassare due semafori aspettiamo almeno quattro giri di rosso.
Nell’attesa la radio ci tiene compagnia, ma con le notizie che passano il traffico della Darsena sembra essere l’ultimo dei problemi del mondo (per chi non vive in via Coppino). All’altezza di via Menini la processione si separa: tra chi tira a dritto verso il polo produttivo della nautica, e chi svolta a sinistra per le scuole. Dalla Stazione Vecchia in quattordici minuti siamo arrivati sul Vialone deserto. Un chilometro e mezzo di strada che a passo rilassato, secondo Google Map, avremmo percorso in diciassette minuti a piedi.
Ma se il traffico in Darsena è un problema, la sosta è piuttosto una gran bella rogna. Secondo le rilevazioni dei tecnici dell’Università di Pisa, che su incarico del Comune hanno realizzato lo studio di variante per la ridefinizione del margine urbano, nel quartiere "la domanda di sosta è molto prossima, se non superiore, all’offerta". Viene riscontrato che "nel 65% delle zone di sosta lungo gli assi viari si ha un grado di occupazione superiore al 75%: mentre i due terzi delle aree destinate a parcheggio hanno gradi di occupazione superiori al 100%". Più del 100% significa auto in divieto di sosta. Per questo ogni bordo strada diventa un posteggio, e con grande nonchalance c’è chi si ferma "per cinque minutini" in doppia fila; costringendo gli altri automobilisti a fare lo slalom come sciatori sul Cimone.
Quando i più hanno ormai raggiunto la meta (la scuola, gli uffici, il cantiere) e la Darsena torna a respirare, ci fermiamo in un bar per la colazione. "Mammamia che delirio stamani...". Proviamo ad aprire il dibattito di fronte ad un caffè. "Sono vent’anni che lavoro in cantiere, ed è sempre stato così", risponde un operaio che intravede la pensione allontanarsi all’orizzonte e intanto riempie di zucchero la tazzina per coprire l’amaro.
Il discorso cade inevitabilmente sul futuro asse di penetrazione, immaginato dall’amministrazione a Sud dello Stadio, attraverso la Pineta Comunale (che non è Parco), fino a via Salvatori. Tra lo scetticismo dei più anziani ("Portavo i calzoni corti quando hanno cominciato a parlarne"), la soluzione di una strada ad uso esclusivo delle grandi imbarcazioni lascia tutti perplessi. "Vorrà dire che per portare il figliolo a scuola mi comprerò uno yacht", sogghigna una mamma. Utile anche quando piove e le strade si allagano.