
Il rito dell’oferenda. Tracce in Versiliana
È un culto antichissimo che si tramanda dalla metà del ’500, ma chi se l’è improvvisamente trovato davanti ha pensato subito a un rito satanico o qualcosa del genere. Due grossi pezzi di carne, una bottiglia di vino vuota, una tavoletta di cioccolato e sigarette. L’inedito e inquietante banchetto era stato allestito in uno dei vialetti interni del parco della Versiliana. A trovarlo sono stati alcuni cittadini durante una passeggiata nel “polmone“ verde della Marina, con alcuni di loro che hanno subito segnalato l’episodio alla polizia municipale.
La curiosità dei passanti, mista a una certa preoccupazione, è stata davvero tanta, ma è bastato fare una ricerca per capire che davanti a loro c’erano le tracce non di una qualche magia nera, bensì di un rito di origine afro-brasiliana, meglio noto come oferenda. Il rito consiste nel preparare un piatto-dono lungo la strada (o sugli argini di un fiume) in cambio della grazia da parte dalle Orixas, divinità del pantheon afro-brasiliano. Le origini di questa tradizione risalgono ai tempi della deportazione degli schiavi neri dall’Africa al Sud America (intorno al 1549). A causa della repressione bianca nei loro confronti, i riti africani si mescolarono infatti con la religione cattolica, dando luogo a una specie di fusione tra culti dei neri e il cattolicesimo. Durante la ricerca di informazioni su questo antico rito, i frequentatori della Versiliana hanno così appreso che qualcuno, evidentemente, ha voluto chiedere l’Axè (benedizione, grazia, dono) in cambio di un Ebò, ossia la preparazione del piatto-dono, scegliendo i vialetti a ridosso del viale Apua come sede di questo, per noi, inedito cerimoniale.
d.m.