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"Il futuro del lapideo?. Lavorazione in loco e freno all’escavazione"

Il Cipit di Seravezza sostiene che la materia prima del lapideo debba essere destinata alla produzione di qualità, con una transizione fondata sull'unicità dei marmi apuani e un severo controllo pubblico.

Nel lapideo serve un cambio di rotta. A sostenerlo con forza è Rosario Brillante del Cipit di Seravezza. "Penso che il necessario ridimensionamento dell’escavazione – comincia – si possa realizzare con la destinazione della materia prima esclusivamente alla produzione di qualità necessaria all’aumento dell’attività di trasformazione a prodotto finito in zona, perché la filiera definita in percentuale non è mai esistita. Dunque scavare di meno, ridurre i danni irreparabili dell’estrazione ed aumentare l’occupazione in pianura. La vendita di blocchi grezzi e di lastre non porta nessuna ricchezza al territorio. Va riorganizzato sia il rapporto con i mercati che il contenuto della competizione internazionale, con l’offerta di prodotti di qualità, pregiati, rigorosamente finiti. Serve una transizione fondata sull’unicità dei marmi apuani e sulla irrinunciabile necessità di scavare solo quanto serve e con un severo controllo pubblico: facendo pure cessare l’inquinamento dei corsi d’acqua e fermano la frantumazione delle montagne"