Ha raccontato con un filo di voce di aver visto la morte in faccia, di averla evitata per un soffio a differenza di altre persone meno fortunate ricoverate insieme a lui che purtroppo non ce l’hanno fatta. Un calvario cominciato a marzo e proseguito con ben cinquanta giorni di ricovero all’ospedale “Versilia“, di cui la metà in terapia intensiva, quello che l’imprenditore montecatinese Riccardo Porciani, per tutti Riccardo Corredi, ha raccontato al “Caffè“ della Versiliana. Insieme a lui sul palco anche i medici del "Versilia" che lo hanno curato aiutandolo a superare la malattia, ossia Ettore Melai, primario del reparto di terapia intensiva, Daniele Taccola, responsabile di medicina e medico del reparto Covid, Federico Posteraro, direttore di riabilitazione, e il pneumologo Gerardo Palmiero. L’incontro, condotto da Claudio Sottili, è stata l’occasione per ascoltare la voce di chi ha visto da vicino i terribili effetti del Covid ma soprattutto per conoscere, a partire dal caso specifico, gli sforzi dei medici, del personale sanitario e delle unità sanitarie per offrire le migliori cure ai pazienti e fronteggiare la pandemia. Un percorso che Corredi, 69 anni, noto e vulcanico imprenditore dei materassi, re delle televendite e da tanto tempo versiliese d’adozione, anche se originario di Montecatini, ha toccato da vicino definendosi un sopravvissuto. Ha parlato della sua battaglia di fronte al suo pubblico e ai suoi pini visto che da tre anni è un componente del Consiglio di gestione della Fondazione Versiliana. "Immobile nel letto guardavo fisso la lancetta dell’orologio sulla parete del reparto. E seguivo il movimento dei secondi che mi avvicinavano alla morte". Così ha raccontato confidando che a salvarlo furono le preghiere, la professionalità e umanità dello staff medico e paramedico e il suo grande attaccamento alla vita. "Mi sono accorto – ha detto – che potevo morire quel giorno in cui in terapia intensiva attorno a me c’erano quattro persone decedute, tra cui una giovane che fino al giorno prima parlava". Al “Caffè“ Corredi ha riavvolto il nastro il nastro di quel dramma iniziato il 19 marzo con la scoperta del contagio, la febbre alta e le prime difficoltà respiratorie. Poi la corsa in ospedale il 25 marzo, quando il dottor Daniele Taccola gli disse di ricoverarsi immediatamente, fino all’emergere di una polmonite in stato avanzato, la sedazione e l’intubazione. "Avevo completamente perso la voce: purtroppo una cannula mi ha provocato la paralisi di una corda vocale. In terapia intensiva ho pensato davvero di non farcela".
Cronaca"Ho visto la morte e l’ho sconfitta" Riccardo racconta la sua Odissea