VIAREGGIO
Giorgio Fazzini, classe di ferro 1933, sta al tennis come un bel bicchiere di vino bianco, fresco, ma non gelato, sta al fritto di mare: c’è un’attrazione fatale e il gusto (del palato e dello sport) fa faville. Quando si parla di racchetta, di campi in terra battuta o erba, il Fazzini-pensiero è dunque molto autorevole, frutto di un’esperienza pluriennale che viene da lontano. Prima giocatore di fascia alta, poi capitano della Nazionale di Coppa Davis, dirigente federale, organizzatore di eventi, presidente del Circolo Tennis Viareggio, uno dei più anziani d’Italia.
Di tutto e di più. Fino a pochi anni fa, ancora giocatore. Un percorso di vita e di sport che gli consegna la patente di saggezza.
Giorgio Fazzini, il tennis di oggi...
"“Immagino che vogliate parlare di Jannik Sinner Che vi devo dire di più che non sia stato detto. È bravo. Molto bravo e il bello è che non si è montato la testa, continua ad avere la passione del primo giorno in cui ha preso in mano la racchetta. È questa la sua forza, alla quale aggiungiamo la cultura del lavoro, che viene da una famiglia serena, incapace di invadere il campo in senso figurato e non. Insomma, non li vedo come genitori-manager che si permettono di dare consigli a chi segue il loro figlio".
Che effetto potrà avere sui giovani sportivi l’esempio di Sinner?
"È normale che ci sia un aumento di tesserati. Non è una novità. È sempre successo quando il tennis italiano ha avuto personaggi da copertina: fin dai tempi di Pietrangeli, Merlo & C, poi Panatta, Bertolucci, la Coppa Davis: ora tocca a Jannik trascinare il movimento, con legittima soddisfazione della Federazione e di chi ha acquistato i diritti televisivi per trasmettere i grandi torneo".
C’è qualcosa c’è che non la convince in questa Sinnermania?
"Intanto, potrebbe trattarsi di un’infatuazione del momento per i ragazzini, colpiti dalle imprese di Sinner. Poi, se hanno delle qualità, bisogna vedere se avranno un maestro che sappia davvero insegnare e farli crescere. E poi se la passione per il tennis, continuerà se non dovessero arrivare risultati nonostante i sacrifici".
È innegabile che lo spirito di emulazione ha il suo peso...
"Certamente. Ma a tutti coloro che all’improvviso scoprono il tennis, bisognerebbe domandare se sanno da quanto tempo Sinner si sta allenando, giorno dopo giorno, per crescere e diventare ‘qualcuno’: migliaia di ore di allenamento, viaggi, trasferte, tensione, pressione psicofisica, che lui ha saputo gestire con una glacialità che fa parte del suo carattere".
Ma per lui e il suo staff, dal punto di vista economico, il gioco vale la candela?
"Non ci sono dubbi. Il portafoglio si gonfia, in questo momento è un personaggio planetario, con tutto quel che comporta. Sì, il bello deve ancora venire, lui sembra davvero di un altro pianeta ma non vorrei che qualche genitore pensasse che un altro Jannik Sinner nasca in Italia fra un anno o due... Se pensate dopo quanti anni, il tennis azzurro ha vinto la Coppa Davis".
Pessimista?
"No, realista. Io spero che ogni anno esploda un giovane ma di Sinner ne nasce uno ogni tanto. Sarebbe semmai bello che questa ‘nuova’ passione per lo sport avesse un ritorno anche in impiantistica pubblica per tutti. Che non guasta mai. Chi fa sport ne guadagna in salute e lo Stato risparmia in spesa sanitaria".
G.L.