Quando lo raggiungiamo al telefono, ha appena finito di pranzare. "Una focaccina da 4 euro". Almeno era buona? "Era meglio quella da 8". Giobbe Covatta e l’arte di avere la battuta sempre in canna. Mai fine a se stessa, però. E usata, piuttosto, per alleggerire; sistemata qua e là nel discorso per addolcire con un sorriso la forza di ragionamenti profondi. Oggi, alle 18.30, il comico, attore e ambasciatore Amref e la moglie Paola Catella presentano in Versiliana il libro che hanno scritto a quattro mani Il commosso viaggiatore. Alla scoperta dell’Africa, intervistati da Fabio Genovesi.
Covatta, cosa la commuove dell’Africa?
"Quasi tutto. Dalle cose più semplici alle più articolate. L’Africa è commovente in tutte le sue manifestazioni. E non in modo triste; direi semmai entusiasmante. Sono sempre emozioni forti".
In passato ha parlato della concezione del tempo che ha sperimentato in Africa. Più in generale, possiamo imparare qualcosa da un mondo così diverso?
"Si impara da chiunque abbia valori e priorità diverse. Senza citare Einstein, il tempo è soggettivo e in Africa è straordinariamente bizzarro, perché esiste solo se stati facendo qualcosa, altrimenti si ferma con te. Nessuno si chiede mai a che ora parte il bus: prima o poi parte, e nel frattempo si sta in attesa. Ci si ferma, e si ferma tutto il mondo intorno a noi".
Cosa si può aspettare chi verrà ad ascoltarvi oggi?
"Si presenta un libro scritto da Giobbe Covatta e Paola Catella, un volume divertente, comico. Io non faccio il filosofo, per cui chi viene in certi momenti si divertirà; in altri, voglio supporre e sperare che ascolti con tranquillità quel che io e mia moglie abbiamo da raccontare sull’Africa. Perché quel libro questo è: un atto d’amore nei confronti dell’Africa, l’obbligo morale di raccontare qualcosa a qualcuno che non sa".
Da tanti anni lei è ambasciatore di Amref Health Africa. C’è più consapevolezza sui problemi del continente?
"No, non c’è nessuna consapevolezza. C’è una diffusione diversa, che però avviene soltanto per titoli. Una volta non si parlava mai di Africa. Ora se ne parla, ma per slogan: nessuno sa niente dell’Africa, un continente enorme".
Si dice ’aiutiamoli a casa loro’
"È tutto talmente poco limpido e poco chiaro... Si parla di Africa come se fosse una zona vicino a Camaiore, quando in realtà è un continente con miliardi di sfumature e realtà diverse. Siamo sempre nel mondo dello slogan. Aiutare significa intervenire con una legge, che esiste da anni, per destinare lo 0,7 per cento del Pil alla cooperazione internazionale. Abbiamo mai pagato? No. E allora chi si aiuta? Bisogna cercare dei punti di solidarietà, che non possono prescindere dalla conoscenza dell’altro, di colui con cui si tenta di collaborare. Iniziando dalle parole: si è mai sentito nessuno dire ’domani vado in Asia’? E perché si dice ’vado in Africa’? Si crea solo confusione attorno a un continente di cui non si sa nulla, e di cui ci si vuole liberare".
Lei è uno degli autori italiani più letti del Novecento. Punta ad arrotondare la cifra?
"Nessuno scrive un libro pensando di vendere 100 o 10mila copie. Lo fa perché gli interessa l’argomento e con questo spirito io e mia moglie abbiamo scritto il libro. Poi, se ci si pagano pure le bollette...".