DANIELE MASSEGLIA
Cronaca

Morì per setticemia, Asl condannata

L’azienda dovrà risarcire i familiari per quasi 1 milione di euro

Medici

Viareggio (Lucca), 21 luglio 2019 - E' una condanna che sfiora il milione di euro quella inflitta dal Tribunale di Lucca alla Asl di Viareggio per la morte di un paziente di 69 anni avvenuta nell’ottobre 2011. Il giudice Anna Martelli, in base alle perizie e alle relazioni presentate dai familiari dell’uomo, un artigiano del marmo di Pietrasanta, ha infatti riconosciuto la responsabilità dei sanitari nel decesso, causato da una setticemia. In particolare è stato rilevato il comportamento «negligente e imprudente» dei medici, accusati di aver ritardato il loro intervento nonostante «l’elevato grado di sofferenze psico-fisiche» patite dall’uomo.

I fatti, come detto, risalgono a otto anni fa. L’artigiano, all’epoca già in pensione, fu sottoposto complessivamente a tre interventi chirurgici all’ospedale ‘Versilia’, il primo dei quali nell’agosto 2011. Operazione dalla quale il 69enne non riuscì a riprendersi. Nonostante i parenti, rappresentati e difesi dall’avvocato Daniela Forti (nella foto), fecero presente la situazione al personale dell’ospedale, i sintomi lamentati furono trascurati, un particolare importante che emerge infatti dalla relazione del medico legale, il dottor Guido Argento, e dello specialista in chirurgua generale, il dottor Giuseppe Alessandrini. A un mese dall’intervento, in sostanza, una Tac evidenziò la presenza di una sacca di pus, ma il secondo intervento venne fatto il 17 settembre, quando la situazione era già compromessa.

L’avvocato Daniela Forti
L’avvocato Daniela Forti

Il 69enne, in condizioni ormai gravissime, venne infine ricoverato in rianimazione e sottoposto, a ottobre, a un terzo intervento, ma morì il 24 ottobre. Entrando nei dettagli, nella relazione del dottor Alessandrini si fa riferimento alla perdita di sangue dal retto in seguito all’operazione. «I chirurghi – si legge – avrebbero dovuto accertarsi sulle sue condizioni, a maggior ragione quando comparve l’emissione di pus. Avrebbero potuto consentire la completa fuoriuscita del materiale purulento, ma tale operazione non fu eseguita». Un’omissione che portò a un peggioramento delle condizioni del 69enne, fattori che hanno determinato «una peritonite acuta generalizzata e l’instaurarsi di un grave quadro di sepsi: sono trascorsi 23 giorni senza alcun provvedimento chirurgico adeguato».

Parole che pesano come macigni sul personale medico della Asl, accusato di aver avuto un comportamento «negligente e imprudente per aver trattato il paziente per 23 giorni con la sola terapia medica. Il decesso – termina la relazione – è una logica conseguenza del ritardo dell’intervento del 17 settembre 2011, dato che lo stato settico avrebbe potuto essere sospettato già dal 25 agosto sia a livello clinico, vista la presenza di singhiozzo, sudorazione, vomito e dispnea, che con l’ecografia dell’addome. Intervento che fu invece eseguito il 17 settembre, con un’ingiustificata attesa di ulteriori 12 giorni». Da qui la condanna della Asl, che dovrà versare 940mila euro di risarcimento ai familiari (la moglie, le due figlie, il nipotino e la sorella dell’uomo, nel frattempo deceduta), più il pagamento delle spese di lite (69.510 euro) e le spese generali (1.466 euro): la Asl non farà ricorso in appello.