REDAZIONE VIAREGGIO

"Come farò dopo 21 anni insieme?"

Erica, moglie di Malfatti, parla del marito improvvisamente scomparso. Viareggio si stringe intorno alla famiglia

VIAREGGIO

Circondato dalle tele e dai modellini delle sue opere più rappresentative (Le Rovine d’Italia e Sortilegio che gli valsero il primo posto in Prima Categoria, Alta Tensione, L’isola misteriosa ed ancora Il Genio che valse il primo posto in Seconda, Sporco Mondo, La Creatura e Vieni-Vedi-Troni che fu l’esordio fra i carri e proprio dietro il feretro la tela dell’Orlando Furioso che stava realizzando) e nella ’sua’ Cittadella. Così Viareggio ha voluto ricordare Franco Malfatti, all’interno dell’hangar 8, nella camera ardente che dalle 8 alle 14 – dopodiché il feretro è stato portato presso la chiesa di Sant’Andrea per il funerale – è stata letteralmente presa d’assalto da amici, parenti, colleghi o semplici estimatori che hanno voluto stringersi attorno al dolore della moglie Erica Benedetti ed idealmente dei suoi due bambini di 11 e 8 anni.

"Franco era un puro – ha voluto sottolineare affranta ma orgogliosa Erica –. Una persona vera, onesta, affidabile, un punto di riferimento per me che con lui ho condiviso 21 anni di esistenza e per i suoi figli. Ma anche in Cittadella tutti lo rispettavano e si affidavano a lui quando avevano bisogno di qualcosa, anche un semplice bullone. Perché – racconta ancora, con la forza di una leonessa – mio marito era sempre pronto a dare una mano a chiunque. Aveva un magazzino fornitissimo e regalava ai suoi colleghi senza pretendere nulla in cambio perché viveva il Carnevale in una maniera intensissima. Io lo accusavo, chiaramente ridendoci sopra, di essere un bigamo perché quando noi ci siamo dichiarati amore eterno, già sapevo in cuor mio di sposare una persona che al tempo stesso era legata inscindibilmente al Carnevale. Io sono stata comunque sempre al suo fianco godendomi un uomo di una bontà, di una profondità e di una umanità impareggiabile".

Vicino a Erica c’è anche lo storico collaboratore di Franco, Riccardo Baldi. "Ho passato con lui 20 anni di intensa attività lavorativa – dice con il volto solcato dalle lacrime – ed ogni giorno mi rendevo conto di avere la fortuna di poter contribuire al progetto di una persone di altri tempi, per comportamento e qualità. Lui era la mente, il modellatore, il pittore, mentre io mi occupavo più della parte strutturale". Due decadi di ricordi che tratteggiano ancora di più l’indole dell’artista Malfatti.

"Sortilegio che valse il primo premio – racconta – fu il carro che in assoluto lo inorgoglì maggiormente. Ricordo che terminammo i lavori alle 4 del mattino della domenica del primo corso e ne valse la pena perché fu un meritatissimo trionfo. Quando l’altoparlante decretò il nostro successo salimmo sul carro per i consueti festeggiamenti e Franco mi spingeva letteralmente avanti nascondendosi dietro di me. Quasi si vergognava di tanta attenzione. Era la persona più umile che io abbia mai avuto il piacere di conoscere". Le lacrime di Riccardo si fanno poi ancora più copiose quando ripercorre gli ultimi attimi passati assieme. "Martedì – ricorda – alle 8,30 ci siamo trovati, come sempre, all’hangar. Non stava benissimo e si lamentava per una probabile congestione. Proprio per questo aveva deciso di rincasare ma era sereno anche perché i lavori per la nuova costruzione procedevano speditamente. Adesso non so come andrà a finire. Io e Elena eravamo le sue spalle ma l’artista, il Maestro, era lui". Anche Massimo Spada, che con lui ha collaborato per 11 anni lo ricorda: "Ha sempre voluto lanciare messaggi senza mai cercare di atteggiarsi a stella".

Sergio Iacopetti