Carnevale di Viareggio: una festa ’seduta’, ma in piedi con orgoglio

Il primo corso con le norme antiCovid è una prova generale. Adesso solo la passione dei "cinquemila" potrà aiutare le costruzioni a volare

I figuranti hanno cercato di riempire il vuoto del contingentamento (foto Umicini)

I figuranti hanno cercato di riempire il vuoto del contingentamento (foto Umicini)

Viareggio, 19 settembre 2021 - "Questo non è Carnevale" taglia corto qualcuno. Anche salutare una vecchia amica sfregando i gomiti non è come abbracciarla. Ritrovarsi in classe senza poter bisbigliare un segreto all’orecchio del compagno di banco troppo distante. Andare a trovare i nonni, e aver paura di stringerli. Cantare ad un concerto senza mescolare il sudore e il respiro con quello degli altri... No. Questo, condizionato dal Coronavirus, non è il mondo, pieno di difetti ma anche di meraviglia, che amavamo. E forse resistere è l’unico modo che abbiamo per difenderlo quel mondo con le sue meraviglie. Allungando un pugno chiuso per salutare un vecchio amico, accartocciare un segreto in un foglio e lanciarlo al compagno di banco un metro più in la, una passeggiata con i nonni sul molo, continuare a cantare in coro. E anche fare il Carnevale, per non dimenticarci l’effetto che fa. Per non disabituarci al sentimento più desiderabile di tutti, la gioia. Specie collettiva.

I figuranti hanno cercato di riempire il vuoto del contingentamento (foto Umicini)
I figuranti hanno cercato di riempire il vuoto del contingentamento (foto Umicini)

Quello di ieri è stato inevitabilmente un Carnevale diverso. Il biglietto in una mano e il green pass nell’altra, la maschera e la mascherina, i posti a sedere assegnati per tutti, ma le sedie vuote e tanti spettatori in movimento. Questo Coronavirus ha svuotato la nostra festa della sua forza: gli essere umani. Che si muovono con i carri, dondolano con i mascheroni, si emozionano con le storie di cartapesta. E’ per la folla, libera, che i giganti si aprono, che le mascherate si inchinano. Per questo, pur se orgoglioso, è stato un Carnevale ovattato, come ’ i tre colpi’ sparati da un file audio e non dal cannone sulla spiaggia, puntellata dagli ombrelloni.

Ma è stato pur sempre Carnevale. Per chi ha atteso che la Burlamacca scalasse il pennone, per i 5mila che l’hanno vista da vicino e per gli altri viareggini rimasti fuori dal circuito col magone. Per chi si è ribellato con discrezione, e pur non allontanandosi dalla sua seggiolina ci è salito in piedi e si è messo a ballare. Per chi, in tribuna, si è mangiato i bomboloni offerti dalla presidente della Fondazione Marialina Marcucci. Per i figuranti che ci hanno creduto, fino all’ultimo. Per quello che si è infilato il primo costume che ha trovato nell’armadio, ed era di peluche. Sotto il sole e con 25 gradi. Per quel bambino vestito da Spiderman con le ciabattine di gomma, i piedini pieni di rena e gli occhi di sogni. Per chi immaginato di tornare indietro nel tempo, e di ritrovarsi nella bolgia di coriandoli dei Burlamatti. Di ritrovare Egisto Olivi i in tribuna d’onore, Gilbert Lebigre a braccia spalancate e Franco Malfatti seminascosto tra le sue maschere. Chi l’ha cercato, senza preclusione, ha potuto sentire quello spirito di condivisione che rende eterno il Carnevale. Anche in questo strano primo corso, che ha fatto i conti con le difficoltà della prima. Con qualche ’ incidente’ di percorso che ha rallentato la sfilata. Forse, per la seconda uscita, si potrebbe tentare di evitare sovrapposizioni di carri in piazza Mazzini, che altrimenti si tolgono luce l’un l’altro, coprendosi anche la colonna sonora. E cercare di spalmare bene, lungo tutto il circuito, lo spettacolo. Per riempire il vuoto che, in alcuni tratti, ci ha fatto sentire troppo soli.