REDAZIONE VIAREGGIO

Addio a Malfatti, il carrista dalle mani sapienti

Stroncato da un infarto all’ora di pranzo: aveva 56 anni. Lascia la moglie e due figli, oggi i funerali alle chiesa di Sant’Andrea

Anche nell’olimpo delle maschere, la realtà supera la fantasia. E mai nessuna maschera creata dai grandi maestri è stata intensa, profonda e a tratti imperscrutabile come quella di Franco Malfatti. Che al mondo poteva apparire schivo, talvolta timido. Ma che, dentro di sé, sentiva ardere il sacro fuoco dell’arte. Non una fiamma selvaggia da far divampare nell’orgia della festa, ma una brace vivida che irradiava il profilo migliore del Carnevale. L’arte e l’estro al servizio del mondo per raccontare, anno dopo anno, i grandi temi sociali e i problemi del nostro tempo. L’ultima fatica in cui si era imbarcato voleva indagare sul senso di profondo smarrimento vissuto dall’uomo contemporaneo. Ma se “L’Orlando Fuorioso”, carro di seconda categoria per l’edizione 2021, vedrà la luce, lo farà senza il suo creatore. Franco Malfatti ci ha lasciati ieri a soli 56 anni. Un attacco di cuore se l’è portato via attorno all’ora di pranzo. Lascia una moglie, Erica, e i due figli piccoli, Emanuele di dodici anni e Tiziano di otto. La camera ardente è stata allestita ieri pomeriggio, in forma privata, alla Cittadella, e i funerali si terranno oggi alle 15 alla chiesa di Sant’Andrea.

Un fulmine a ciel sereno che priva il mondo del Carnevale di uno dei suoi talenti, e tutti noi di una persona per bene. Una di quelle che esternano poco, ma notano tutto e poi fanno parlare i fatti. Come quando, ricorda con un briciolo di commozione Fabrizio Galli, al Gran Teatro Puccini, lavorando assieme agli altri maestri per allestire le scenografie del Festival, l’opera fu terminata in tempo soltanto grazie all’aiuto dei tecnici del teatro. E il giorno dopo, Malfatti si presentò con un vassoio di pasticcini per tutti. Un grazie non bastava, e il sentimento che provava aveva bisogno di un’espressione concreta.

Franco si era avvicinato al mondo del Carnevale poco più che ventenne, seguendo le orme del suo idolo Sergio Baroni, lavorando nel suo hangar e sbirciandolo per provare a carpirne la maestria. Dal debutto, nel 1985, aveva saltato solo un’edizione, chiamato ai doveri del servizio militare. Poi, un filo ininterrotto di trent’anni e passa di carriera, punteggiati dalle soddisfazioni del trionfo: Malfatti ha conquistato quattro primi premi - nel 1987 tra le mascherate in gruppo con “Lupi di mare”, nel 1994 in Seconda categoria con “Il genio” e, in Prima categoria, nel 2001 e nel 2008, con “Le rovine d’Italia” (per tutti “Il Diavolo”) e “Sortilegio” - e sei premi speciali tra scenografia, critica e, soprattutto, fantasia… il premio intitolato al ‘suo’ Sergio Baroni. Non solo idee, ma mani sapienti e versatili in grado di tradurle in realtà.

Dopo l’ultima vittoria, una serie di piazzamenti, fino alla retrocessione in quella Seconda categoria con cui era tornato a cimentarsi nell’ultimo triennio. Con la sua ultima creazione “Giù le mani”, nel solco dell’impegno sociale, aveva voluto raccontare la piaga della pedofilia. Nel ricordarlo, la presidente della Fondazione Carnevale Marialina Marcucci si è rivolta direttamente ai maestri costruttori: “Un grande dolore per la Fondazione e per voi tutti, compagni e amici di una vita - le sue parole -; la sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile per i suoi cari, per i suoi amici e compagni di sempre, ma anche per chi, come me, ha solo potuto sfiorare la sua umanità gentile”. E pure per Burlamacco, che gli soffiava dentro, e gli faceva turbinare l’animo dietro lo schermo degli occhi gentili.

Daniele Mannocchi