Elezioni Umbria, il centrodestra vince e avanza. E il Pd tocca il minimo storico

La coalizione a guida Fdi guadagna 11mila voti sul 2018, i Dem raccolgono meno dell’anno di Concorsopoli

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni

Perugia, 27 settembre 2022 - ​Ha vinto Giorgia Meloni anche in Umbria, La Nazione lo ha anticipato già nell’edizione di ieri. E il centrodestra ha aumentato il suo consenso, almeno in confronto al 2018. Poi c’è il Pd che perde 35mila voti e guarda caso sono quelli che conquista il Terzo Polo di Calenda-Renzi. I Cinquestelle come da tradizione vanno sotto la media nazionale in Umbria, lasciano per strada 85mila preferenze rispetto a quattro anni fa, che corrispondono al numero di elettori che non è andato a votare.

Eccola, in poche righe la fotografia del voto in Umbria che è ormai una realtà diversa rispetto al settantennio rosso, mutato con l’avvento di Andrea Romizi nel 2014 a Palazzo dei Priori. Nessun segnale di cambiamento insomma per adesso, anche se le elezioni nazionali sono quelle in cui negli ultimi trent’anni il centrodestra aveva sempre portato a casa numeri migliori rispetto alle amministrative.

La coalizione guidata da FdI ha sfiorato le 200mila preferenze: 199mila alla Camera, undicimila in più rispetto al 2018, ma 55mila in meno rispetto alle Regionali (la Tesei ne raccolse 255mila), anche se il confronto risulta sempre difficile. Il boom dei meloniani è stato clamoroso anche qui: nel 2018 misero insieme 25mila preferenze, ora sono volati a 134mila (alle Europee del 2019 erano arrivati quasi a 30mila). Così come la Lega è quella che ha subìto la batosta più evidente: nel 2018 sfondò il muro del 20 per cento con 103mila voti, oggi non supera i 34mila. Se poi si guarda al 2019 il tracollo è davvero impressionante: alle Europee del 26 maggio erano 171mila gli umbri che misero la croce sul simbolo del Carroccio (38,2%) e per le Regionali 154mila (37%).

Ognuno può fare le valutazioni che ritiene opportune, ma i numeri parlano chiaro. Crollo anche per Forza Italia: da 57mila preferenze è scesa a meno di 30mila, perdendo quattro punti e mezzo in percentuale. Qui c’è però da registrare un aumento rispetto alle Regionali dell’ottobr re di tre anni fa, quando gli azzurri non arrivarono a 23mila voti (28mila cinque mesi prima alle Europee). Dove ha pescato gli 11mila voti in più la destra? A spanne viene da dire dal Movimento 5 Stelle che in parte non è tornato alle urne, in parte ha scelto Giorgia Meloni come voto di "cambiamento".

Il Partito democratico si lecca le ferite per l’ennesima volta. In numeri assoluti questo è il peggior risultato della storia: quei 91mila voti rappresentano davvero il minimo sindacale per i Dem guidati ora da Tommaso Bori: quattro anni fa furono quasi 127mila le preferenze portate a casa e neanche dopo lo tsunami di Concorsopoli del 2019 fece peggio. In quella occasione i voti furono 93mila. Certo quei 35mila voti in meno messi insieme rispetto a quattro anni fa sono proprio quelli che hanno raccolto Calenda e Renzi (8,2 per cento) e si dirà quindi che la scissione ha avuto il suo peso. Ma intanto anche qui i numeri parlano chiaro. In fine il Movimento 5 Stelle dove regna la soddisfazione, nel 2018 raccolse 140mila voti, oggi 55mila. Alle Regionali furono 30mila preferenze (7,41).

Michele Nucci