Uccise il figlioletto: "Quella perizia non basta"

La Procura si scaglia contro la consulenza psichiatrica che considera Katalin Bradacs incapace di intendere e di volere e ne chiede un’altra

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di Sara Minciaroni

"Una perizia non può basarsi solo sul racconto di Katalin Bradacs. Questa donna ha mentito, più volte. Lo ha fatto sia prima che subito dopo l’omicidio. Lo ha fatto nel corso della vita, tanto che le storie inventate sono uno dei motivi per cui le autorità ungheresi le avevano tolto il piccolo Alex. Per questo la perizia va rifatta, da capo, da un collegio di esperti". Tre ore, tanto è durata ieri l’udienza in cui è stata discussa in incidente probatorio la perizia psichiatrica su Katalin Bradacs l’ex ballerina accusata di aver ucciso a coltellate il figlioletto Alex di appena due anni: accusa e difensore del padre del bimbo hanno sollecitato una rinnovazione, che sia fatta da un collegio. L’elaborato è composto da poco meno di una decina di pagine, depositate dal perito Maurizio Marasco, nelle quali la donna viene considerata incapace di intendere nel momento del delitto e non socialmente pericolosa.

Affermazioni che significano una cosa ben precisa e vanno nella direzione di considerare "non imputabile" la donna. Su questo si è scagliata con tenacia la Procura. Tanto che il sostituto procuratore Manuela Comodi, titolare dell’inchiesta, dopo un’ora di esame ha chiesto una "rinnovazione" della consulenza medico legale e che questa venga svolta da un collegio di esperti sempre nell’ambito dell’incidente probatorio. Richieste poi sostenute anche dall’avvocato Massimiliano Scaringella che rappresenta il padre del piccolo Alex. "Ci è stata presentata – ha spiegato il legale – una perizia esigua, nella quale è presa in esame un semplice ’intervista’ alla Bradacs, senza test specifici, con la motivazione della difficoltà di traduzione in una lingua straniera. Limitata ad una serie di dichiarazioni su un presunto "passato di violenze" della donna, non verificate. Non sono prese in considerazione le differenze tra le varie versioni che lei ha fornito sul momento, e quello che ha raccontato dopo, e cioè che delle voci da lei percepite le dicevano di uccidere suo figlio". Ieri Katalin Bradacs, assistita dall’avvocato Enrico Renzoni, era presente in aula, ha seguito l’udienza con l’aiuto di un interprete e non ha detto una parola.

Il 1 ottobre del 2021 Alex è stato adagiato - già morto - sul nastro trasportatore della cassa di un supermercato a Po’Bandino di Città della Pieve, l’unica indiziata del delitto è sempre stata la madre, che dal carcere aveva continuato a dichiararsi innocente. La donna che poche ore prima del delitto era stata fermata dai carabinieri di Chiusi insospettiti dal suo comportamento e a cui in tasca hanno trovato un coltello, aveva detto ai militari di doversi difendere da "gli immigrati che violentano le donne e ammazzano i bambini", la stessa versione che ha riproposto ore dopo, quando il corpo senza vita del piccolo Alex era già stato portato dal casolare dell’omicidio fino al supermercato. Il gip Angela Avila ha rinviato la decisione alla prossima udienza, già fissata al 5 maggio. Dall’Ungheria il padre del piccolo Alex Juhasz continua a chiedere giustizia, suo figlio gli è stato portato via quando la giustizia diceva che avrebbe dovuto rimanere con lui e non lo ha rivisto mai più.