La diocesi eugubina ha celebrato, con la consueta solennità, la festa della "Traslazione del Corpo di Sant’Ubaldo", avvenuta l’11 settembre 1194 dalla Cattedrale di allora ad una piccola cappella fatta costruire sul Monte Ingino accanto a quella di San Gervasio. Iniziativa voluta dal Vescovo del tempo Bentivoglio, motivata soprattutto con motivi di sicurezza: la vetta era presidiata da guarnigioni ospitate nella Rocca, i cui resti sono visibili ancora oggi. Gli appuntamenti, per quest’anno, sono stati diversi. Si è partiti sabato 7 settembre con l’arrivo a Gubbio della mitria detta "di sant’Ubaldo", che si trova nella basilica di San Pietro in Vincoli a Roma, è custodita dall’Ordine dei Canonici regolari lateranensi e per diversi anni è rimasta sul corpo del patrono eugubino al quale non è mai però appartenuta. "È davvero un grande onore e un dono prezioso quello che oggi accogliamo nella nostra città", ha detto il vescovo Luciano Paolucci Bedini. "L’abbiamo chiesta in prestito – ha proseguito – perché potesse essere motivo di maggiore conoscenza della storia del nostro santo patrono e anche di crescita della nostra devozione in questi giorni che ci preparano alla festa della Traslazione". Si è proseguito domenica 8 e lunedì 9 con due momenti di riflessione presso la Cattedrale, uno sul tema "Il ministero del Vescovo nella Chiesa locale" e l’altro su "Le reliquie nella vita di fede", mentre martedì 10, alla vigilia della Traslazione, la mitria ubaldiana è stata portata in processione. Partenza dalla Cattedrale per la Basilica di Sant’Ubaldo alle ore 21 con momenti di sosta all’altezza delle tre "Capelucce". Ieri, invece, nel giorno della festa della Traslazione di sant’Ubaldo, una delle tre date che ogni anno legano la comunità eugubina al suo vescovo e patrono (insieme alla memoria liturgica del 16 maggio e alla canonizzazione del 5 marzo), si sono celebrate messe ogni ora, dalle 7 alle 11 del mattino, mentre nel pomeriggio la messa è stata presieduta dal vescovo Luciano Paolucci Bedini alle ore 17 presso la Basilica in cima al monte Ingino.
Federico Minelli