
di Erika Pontini
Legata ad una sedia a rotelle con le corde che le bloccavano il busto contro la spalliera, la bocca tappata con il nastro adesivo e portata in giro per il reparto di maglieria dove lavorava solo per divertirsi e schernirla. Una sorta di ‘schiava’ da mostrare. Pesata sulla bilancia da pacchi del capannone, come fosse un animale e poi toccata nelle parti intime, sul seno, sul sedere. Insultata - ‘sei una puttana’ - e presa a calci sul sedere. Non si possono nemmeno scrivere tutte le vessazioni alla quali fu sottoposta - secondo la procura della Repubblica - la dipendente ventitrenne di una grossa azienda di Perugia ad opera di due capo reparto che sapevano di agire impuniti perché ‘consapevoli che non li avrebbe denunciati per timore di essere licenziata’, scrive il pm nel capo di imputazione. Si vantavano e millantavano un’amicizia particolare con l’imprenditore, presidente della holding per forzare la mano e costringere tutti all’omertà.
E così per un anno interminabile subì in silenzio quella persecuzione anche sessuale perché a volte un posto di lavoro vale più di sé stessi. Della propria dignità personale e professionale che i due imputati - scrive sempre la procura - hanno minato.
La vicenda è venuta alla luce grazie anche al racconto di alcuni colleghi della dipendente (poi la ragazza ha presentato denuncia), i due capo reparto che millantavano con la vittima rapporti strettissimi con l’imprenditore, sono stati invece licenziati e la procura ha chiesto il rinvio a giudizio dei due imputati, F.M. 40 anni di Umbertide e A.A. 43 anni di Perugia, all’esito delle indagini svolte dalla Sezione di polizia giudiziaria ( polizia).
Le accuse contestate dal pubblico ministero Gemma Miliani vanno dalla violenza sessuale, anche di gruppo, al sequestro di persona, agli atti persecutori, alla violenza privata. Tutti commessi ‘abusando della relazione d’ufficio, essendo l’uno capo reparto maglieria dove la ragazza presta tuttora la propria attività lavorativa, e l’altro capo del reparto ‘macchina’ della stessa azienda.
La quotidianità in ufficio per la giovane dipendente era un incubo: i due imputati le avrebbe tenuto anche la porta scorrevole bloccata per impedirle di entrare o uscire dalla stanza, così che doveva aspettare che passassero i colleghi e accodarsi per avere libertà di movimento. In più occasioni l’avrebbero costretta a subire atti sessuali arrivando a legarla per divertirsi a toccarla a turno. Con il busto legato con le corde, le braccia immobilizzate ai braccioli della sedia per la ventiduenne sarebbe stato impossibile ribellarsi. In un’occasione - citata nel capo di imputazione - fu una collega a liberarla, dopo essere rimasta immobilizzata dentro l’ufficio. Un’altra volta i due la lasciarono legata, con la sedia ribaltata dentro il reparto macchine per una ventina minuti.
La vittima di questa drammatica vicenda è assistita dall’avvocato Alessandro Vesi mentre i due indagati dall’avvocato Marta Bocci. L’udienza preliminare è in programma per il 27 maggio: sarà il gup Piercarlo Frabotta a dire se i due presunti carnefici meritano un processo dibattimentale, a meno che non decidano di essere giudicati con riti alternativi.