
Stop alla violenza, nel nome di Giulia. L’avvocato Gentile: "Nuova alleanza scuola-famiglie per la prevenzione"
Brutti, bruttissimi copioni che si ripetono. Con un tragico finale: la vita di una donna spezzata. Che abbia settanta o cinquant’anni, o che sia poco più che ventenne. Lo sa bene Nicodemo Gentile, presidente nazionale dell’associazione “Penelope“, che riunisce famiglie e amici delle persone scomparse, e legale di fiducia di Elena Cecchettin, sorella di Giulia morta a 22 anni per mano di chi diceva di amarla sopra ogni cosa.
Avvocato Gentile, partiamo dalla storia di Giulia che ha scosso le coscienze di tutti...
"Quando ho avuto modo di iniziare a decodificare la storia di Giulia ho fatto un salto indietro, di sette anni: da Vigonovo sono tornato alla Magliana, dove è stata uccisa e data alle fiamme Sara Di Pietrantonio. Ventidue anni anche lei, anche il suo assassino con la faccia pulita del bravo ragazzo. Entrambe vittime di vessazioni, di pressioni psicologiche, di una violenza subdola e insidiosa. Poi uccise, in modo barbaro. Ecco, in sette anni abbiamo fatto tanti passi avanti, ma è chiaro che tanti dobbiamo farne".
Cosa è cambiato e dove si deve ancora intervenire?
"La legislazione ha cercato di dare risposte occupandosi del problema a valle, inasprendo le pene e innalzando le sanzioni. Giustissimo. Ma ora, invece, dobbiamo risalire a monte, il caso di Giulia ce lo impone. Dobbiamo dire con forza a queste donne, giovani e meno giovani, che non si devono trasformare in “assistenti“, che quando decidono che un amore è finito devono chiudere in maniera definitiva, ermetica, in modo che non ci sia possibilità per i manipolatori di farsi largo. Alle prime avvisaglie di comportamenti ossessivi, assillanti e molesti devono chiudere con forza agli uomini controllanti, che succhiano l’energia per compensare le proprie inadeguatezze".
E gli uomini?
"Il consiglio è quello di chiedere aiuto quando ci si rende conto che la reazione a un abbandono è abnorme: se si vive l’amore in modo disturbato c’è bisogno di aiuto. Quando si perde il contatto con la realtà, le reazioni possono essere devastanti e la cronaca ce lo racconta, purtroppo. In questo, un ruolo essenziale lo hanno le famiglie che vedono le difficoltà degli uomini a lasciar andare e devono consigliare l’intervento di un esperto".
Crede che insegnare l’educazione al rispetto a scuola possa aiutare?
"Ritornare in mezzo ai giovani e dargli strumenti giusti è essenziale. È da lì che dobbiamo partire, dalla prevenzione. Anzi, credo sia debbarinnovare l’alleanza tra scuola e famiglia. La prevenzione e la cultura del rispetto restano la chiave di tutto".
La situazione in Umbria?
"Vedo molte campagne di sensibilizzazione, è una cosa molto buona. Ma non esistono isole felici, non ci sono soggetti che nascono predisposti a essere vittime o carnefici. La violenza è trasversale e tragicamente democratica. Dobbiamo stare in allerta e lavorare a monte insegnando che si può chiudere una storia malata senza avere sensi di colpa e che si può chiedere aiuto senza vergognarsi".
AnnA