MICHELE NUCCI
Cronaca

Sanità, le liste di attesa: "Più soldi ai medici. Visite, stabilire i tempi"

Audizione con il sindacato medicina ambulatoriale italiana e Intersindacale "Troppe cose non funzionano. Creare un fondo regionale".

La Regione è impegnata ad abbattere le liste di attesa

La Regione è impegnata ad abbattere le liste di attesa

Le liste di attesa non si combattono con la bacchetta magica. Bisogna anche tenere conto di molti fattori, tra cui quello della qualità delle prestazioni e delle retribuzioni per gli straordinari. E mentre sono ancora migliaia quelli che attedono di essere chiamati inseriti da dicembre nel percorso di tutela (con prenotazione programmabile), ieri si è volta un’audizione in regione con il Sindacato unico medicina ambulatoriale italiana (Sumai) e l’Intersindacale medica dell’Umbria.

Proprio i rappresentanti del Sumai hanno manifestato la propria disponibilità a collaborare per la riduzione delle liste di attesa ma nel rispetto della normativa e dell’accordo nazionale. "La delibera regionale 966 del 2024 - è stato spiegato - prevede le prestazioni di particolare impegno (Ppi), di secondo livello, elencate nella delibera e retribuite al 40% del tariffario orario. Il sindacato ha dato disponibilità ad una intesa che modifichi la Dgr e ampli le Ppi per ridurre le liste di attesa in alcuni ambiti. Servirebbe un fondo regionale dedicato a smaltire le liste di attesa ed andrebbe chiarito quanto tempo ci vuole per fare una visita e se è possibile stabilirlo a priori".

"Infatti – ha aggiunto il Sumai – se si riduce il tempo di visita si fanno più visite e si smaltiscono le liste di attesa ma questo va a discapito della qualità della prestazione e della soddisfazione dei pazienti. Esiste peraltro una giurisprudenza che sancisce come non si possa stabilire a priori un tempo massimo per le visite. Preoccupa inoltre la diminuzione della disponibilità degli specialisti a prestare servizio nelle strutture pubbliche. Tutto ciò determina un impoverimento ulteriore del servizio sanitario regionale".

Nella seconda audizione si è sviluppato un confronto in merito al nuovo Piano sanitario regionale e alla Convenzione con l’Università degli Studi di Perugia. Gli esponenti sindacali che fanno parte della Intersindacale medica hanno evidenziato la necessità di "mantenere aperto un confronto costante con gli operatori della sanità. Il nuovo Piano dovrebbe indicare pochi obiettivi realistici e misurabili, tenendo conto della crisi della sanità regionale su scala nazionale. Andrebbe affrontata la riorganizzazione dei servizi, potenziando e finanziando in modo adeguato la prevenzione, ridisegnando gli ambiti territoriali, tenendo conto dell’invecchiamento della popolazione, ripensando l’aziendalizzazione della sanità".

"Sugli ospedali - è stato rilevato - serve una scelta politica. L’apertura di punti nascita o la riapertura di ospedali non possono avvenire senza le condizioni di sicurezza (e la presenza di specifiche professionalità) previste dalla legge. Vanno ridisegnati i ruoli degli ospedali, che stanno inoltre perdendo attrattività per i medici. La fuga dalle strutture pubbliche è motivata dall’aspetto economico, dai turni e dalla possibilità di lavorare meglio altrove. Il rapporto con l’Università va chiarito e bisogna ricordare che mancano alcune scuole di specializzazione. Le condizioni di lavoro del personale sanitario sono peggiorate, a causa della carenza di organico – hanno aggiunto – , dei turni raddoppiati e dell’orario di lavoro molto prolungato. Tutto ciò a discapito della qualità delle cure fornite. Sulle liste di attesa non serve l’overbooking, che crea conflittualità, ma bisogna razionalizzare la domanda di prestazioni. Questo può avvenire incrementando l’assistenza sul territorio".