Poliziotto aiutò 30 ebrei Medaglia alla memoria

Il riconoscimento sarà consegnato oggi ai parenti di Giuseppe Baratta, un eroe rimasto “nell’ombra“ per più di mezzo secolo. È di Sant’Arcangelo.

Poliziotto aiutò 30 ebrei  Medaglia alla memoria

Poliziotto aiutò 30 ebrei Medaglia alla memoria

Un eroe per più di mezzo secolo nell’ombra. Sarà consegnata oggi a Roma, ai suoi discendenti, la Medaglia d’oro alla memoria di Giuseppe Baratta, il poliziotto che nella notte tra il 19 e il 20 giugno del 1944, aiutò un gruppo di 30 ebrei a mettersi in salvo, imbarcandoli sui mezzi dei pescatori dall’Isola Maggiore, ancora in mano dei tedeschi, a Sant’Arcangelo di Magione dove li affidò agli alleati. Grazie al recente lavoro dello storico Gianfranco Cialini è stato ricostruito che a compiere quel gesto non ci fu solo don Ottavio Posta, eroe già insignito con la medaglia d’oro e del riconoscimento dello Stato di Israele, ma anche un giovane agente di polizia (allora "chiamata pubblica sicurezza"). Nel suo scritto “Un eroe riscoperto“, Cialini ricostruisce tutta la vicenda. "Nei primi mesi del 1944 – ricorda – il Prefetto Rocchi, al fine di salvare circa trenta ebrei italiani e stranieri arrestati e reclusi nell’Istituto magistrale di Perugia dalla deportazione da parte dei tedeschi, li fece internare nel Castello Guglielmi dell’Isola Maggiore del Trasimeno. La loro custodia fu affidata alla questura di Perugia che si avvalse per tale compito sia di agenti in organico sia di altri ausiliari della zona; il responsabile del campo era il fascista Luigi Lana di Castiglion del Lago".

La nuova figura emerge grazie a Livia Coen, un’ebrea perugina detenuta a Isola Maggiore, la cui testimonianza fu trovata nel 2005 da Cialini nell’Archivio di Stato di Roma. La Coen, ricorda: "Al Castello Guglielmi al momento della ritirata vennero 45 tedeschi per arrestarci, ma l’Agente della Questura cercò di metterci in salvo e ci nascose nel fitto bosco ove stemmo tre giorni e tre notti e poi insieme con il parroco don Ottavio Posta ci portarono di notte all’altra sponda del Lago che era già stata liberata dagli inglesi e cosi potemmo, con l’ aiuto dei boni, tornare salvi alle nostre case". Quell’agente era Giuseppe Baratta, nato a Perito (Salerno) il 19 gennaio 1919, arruolato nella Pubblica Sicurezza fu nel 1940 destinato alla piazza di Milano, poi trasferito successivamente alle questure di Perugia, di Forlì, infine a quella di Ancona dove morì il 26 gennaio 1994. E tracce del ruolo di Baratta sono state trovate anche nel ‘Diario di Bordo’ di Sauro Scarpocchi. Per il suo contributo nel salvataggio, fra l’altro, Baratta fu arrestato dai tedeschi fu messo al muro del castello, poi miracolosamente risparmiato dalla fucilazione.