
di Erika Pontini
Senza avere ancora compiuto i 18 anni ha festeggiato tre compleanni rinchiuso in una stanza del Servizio di prevenzione, diagnosi e cura del Santa Maria della Misericordia, al di là di una porta sbarrata. Per i ragazzi non c’è altro posto possibile, in assenza di un reparto di Neuropsichiatria infantile. Mentre un ventiseienne ha vissuto lì dentro 194 giorni in tre anni: 12 ricoveri a singhiozzo, 89 giorni da giugno a settembre 2020. Un cinquantenne invece ci ha passato 143 giorni in un solo anno: non c’era altro luogo. Da ottobre c’è pure un arrestato: carcere ’vietato’, lista d’attesa in Rems chilometrica. E non è certo la prima volta: accade spesso per chi uccide da ’incapace’ e quindi per legge incolpevole.
Sono le storie nascoste di quel mondo ’di sotto’ che è il Repartino di psichiatria di Perugia: un ricettacolo di anime tra derelitti, ragazzini e autori di reato dove medici e infermieri fanno il possibile e spesso l’impossibile. Sedici posti letto in tutto che affacciano in un lungo e anonimo corridoio quando l’Oms prevede che nel territorio dell’Asl 1 ce ne dovrebbero essere 54 (uno ogni 10mila abitanti) e secondo il Ministero l’Umbria ne ha 5,3 per 100mila abitanti contro la media italiana di 10,3.
Il ’Repartino’
L’Spdc è il luogo dove si dovrebbero curare gli stati acuti delle tante forme di ’follia’ e invece è diventato una sorta di rifugio per nascondere non solo la malattia mentale che colpisce il 3,4% della popolazione ma anche il disagio sociale che sembra non trovi sfogo altrove.
Il Garante
Il quadro, drammatico, emerge dalla Relazione del garante dei detenuti, Stefano Anastasia (gli è succeduto l’avvocato Giuseppe Caforio) che ha acceso un faro su un’altra forma di contenimento, i trattamenti sanitari obbligatori che in Umbria sono in aumento e, secondo Anastasia, in parte "impropri": stabili all’Asl 2 (Foligno-Terni), più nel Perugino. Unico strumento per fermare chi è un pò matto, un pò drogato, un pò povero, un pò molesto, un pò pericoloso nei confronti della comunità. Basti pensare che dal Report del Ministero emerge che i Tso in Umbria sono 3 per 10mila abitanti contro 1,3 della media italiana e in un anno (2019) 6.200 persone hanno fatto accesso al pronto soccorso, di cui oltre la metà per sindromi nevrotiche e e 660 per alcolismo e tossicomiania.
Gli ’scarti’ della società
"La prima categoria di persone ricoverate in regime di Tso ricomprende persone le cui condizioni di salute non renderebbero necessario il ricovero. Piuttosto in considerazione del forte disagio sociale, spesso, associato a quello economico – scrive Anastasia dopo un confronto con il primario, il professor Alfonso Tortorella – si renderebbe necessario un intervento di supporto e sostegno da parte dei servizi sociali". Come se il Tso – accusa – servisse per il ’decoro urbano’ piuttosto che per la cura degli acuti e per risolvere ’casi di difficile gestione’ rifiutati dalla famiglia, allontanati da altre strutture riabilitative. A nulla sono valse – fino ad ora – le segnalazioni del direttore che è arrivato a dire: "Siamo risolutori perché manca altro. Ci mettiamo a disposizione ma dateci i posti letto per essere in grado di accogliere queste persone".
Manca la Rems
L’altra macro-categoria ospitata all’Spdc sono gli ’autori di reato’ con problematiche psichiatriche. Chiusi gli Opg dovevano essere riabilitati nelle Rems, di competenza della sanità regionale ma l’Umbria decise allora di appoggiarsi (e pagare) alla Toscana e i 7 posti previsti non sono mai bastati. In lista di attesa, con una misura di sicurezza della magistratura, i ’condannati senza pena’ ma spesso pericolosi, finiscono al ’Repartino’. Accadde per Federico Bigotti, assolto dall’omicidio della mamma: 13 mesi all’Spdc e per Francesca Garofane che accoltellò la mamma alla schiena a Magione, solo per citare i casi i cronaca più inquietanti. "La collocazione in Spdc determina un grande risparmio per le finanze regionali" perché lì non si paga, ipotizza Anastasia. Alla Rems, peraltro strapiena, la retta è salatissima: 400 euro al giorno.
Il nodo dei minorenni
Anche i ragazzini finiscono al Repartino ma "un ricovero prolungato per tre anni di un ragazzo sembra denotare una certa incapacità di accoglienza da parte delle strutture e dell’area di competenza, evidenziando criticità strutturali dei servizi e rischi connessi alla salute e allo sviluppo della formazione del minore", è ancora la denuncia.
Pandemia, numeri in calo
La malattia di mente non conosce tregua, anche se, dai dati della Regione Umbria, calano a picco sia i malati in cura nei Csm – passati dai 24.758 del 2019 ai 21.038 del 2020 – , sia i Tso: 226 nel 2019 di cui 168 a Perugia e 191 nel 2020 di cui 155 nel capoluogo umbro. Numeri da indagare per capire se l’emergenza sanitaria ha ’cancellato’ in parte anche la cura della mente, oltre che quella del corpo.
Il disagio dimenticato
Così, in attesa che la Regione porti a termine l’iter legislativo dopo che a febbraio il Consiglio regionale ha approvato la mozione di Lega e FdI che impegna la Giunta ad intervenire per la realizzazione di una Rems (da venti posti), dopo le pressioni della stessa magistratura, anche gli autori di reato sono ospitati dall’Spdc. E non dovrebbe essere. Lontano dai riflettori e dall’interesse della gente e della politica. Perché la malattia mentale è uno stigma e pochi hanno la forza di denunciare un sistema che non funziona.