Morte del piccolo Alex, ucciso dalla madre. Il padre: "Lei non voleva quel bambino"

L’uomo ha testimoniato in aula. "Katalin una volta ha sbattuto al muro il gattino di mio figlio"

Erzsebet Katalin Bradacs, 44 anni, con il figlio Alex Juhasz, 2 anni

Erzsebet Katalin Bradacs, 44 anni, con il figlio Alex Juhasz, 2 anni

Perugia, 16 febbraio 2023 – Seduto di fronte alla donna che ha ucciso suo figlio. Norbert Juhasz, ieri nell’aula del Tribunale di Perugia ha incontrato l’ex compagna per la prima volta, da quando in Ungheria Katalin Bradacs era scappata portando via illegalmente il piccolo Alex. La donna era fuggita in Italia dopo una lotta per l’affidamento che avrebbe voluto il bambino lasciato alle cure esclusive del padre. Da quel giorno Norbert non avrebbe più rivisto suo figlio, rientrato nel paese natale in una bara bianca ucciso a coltellate dalla madre il 1 ottobre del 2021 a Po’ Bandino, come lei stessa ha confessato durante i mesi in carcere.

Un’udienza difficile davanti alla Corte d’Assise, con il presidente Carla Giangamboni che ha deciso di allontanare l’imputata dall’aula all’ennesimo intervento con cui interrompeva la deposizione del padre. Il sostituto procuratore Manuela Comodi ha chiesto all’uomo di ripercorrere tutte le fasi della relazione con l’ex ballerina, conosciuta nel 2003 ad una scuola serale e poi rincontrata nel 2018 "sapevo che aveva fatto la ballerina di lap dance – ha spiegato Juhasz tramite un interprete – e che aveva scattato delle foto porno, ma che si fosse prostituita me l’ha rivelato solo quando aspettava già Alex". Un rapporto burrascoso, durato pochissimo e nel corso del quale lui ha avuto anche dubbi sulla paternità, "per questo le ho chiesto di fare un test del Dna, ho sospettato che si fosse prostituta anche durante la relazione".

Un racconto tracciato dalle domande del magistrato: sul periodo della gravidanza quando la donna "prendeva farmaci" e "si dava pugni sulla pancia"; e anche sui verbali dei servizi sociali in Ungheria in cui sarebbe descritto di quando Bradacs ha "sbattuto al muro il gattino di Alex" e mentito "ha denunciato per pedofilia me – ha raccontato il padre – e anche la nonna del bambino dicendo che lo attaccava al suo seno. Erano tutte bugie", e poi "ha detto agli assistenti sociali – continua Norbert – che lo avrebbe cosparso di benzina e bruciato se lo avessero affidato a me".

L’avvocato Enrico Renzoni, legale dell’imputata, mira a dimostrare la non imputabilità della donna, cercando di fare emergere sia i precedenti psichiatrici di cui tutti sembravano essere consapevoli che la serie di manifeste richieste di aiuto che in un modo o nell’altro Bradacs aveva esposto: da ultimo all’uomo che le aveva dato ospitalità a Chiusi, implorandolo di non lasciarla "in pericolo".

Fino all’ultima telefonata di lei all’ex compagno, poche ore prima del delitto, per chiedere quali modalità di visita avesse previsto il Tribunale ungherese per lei ed Alex. E solo poco dopo Norbert avrebbe ricevuto le fotografie del bambino ucciso, che la stessa madre aveva scattato e inviato all’altro suo figlio maggiore, avuto da una precedente relazione. Il processo riprenderà il 22 febbraio quando ad essere sentiti saranno gli esperti del Ris di Roma e i medici legali.