La medicina generale attraversa una crisi profonda, segnata da problemi organizzativi ed economici che scoraggiano sempre più giovani a intraprendere questa carriera. Lo dimostra la recente lettera indirizzata alla Presidente della Regione e alla Direttrice del dipartimento regionale della salute da parte dei corsisti del corso di formazione per medici di famiglia: su 45 posti a bando nell’ultimo test di ingresso, solo 16 medici sono stati accettati. Un dato allarmante, che evidenzia il crollo di interesse verso una professione un tempo ambita.
"La crisi di vocazione dei medici di famiglia non riguarda solo l’Umbria, ma tutto il Paese – afferma Maurizio Lucarelli, segretario regionale dello Smi (Sindacato medici italiani), che sostiene pienamente le rivendicazioni dei giovani medici. Il nuovo accordo collettivo nazionale firmato a febbraio 2024 ha infatti introdotto regole penalizzanti per i medici in formazione che hanno assunto incarichi provvisori: con 38 ore settimanali si impone loro l’apertura di uno studio anche in aree periferiche, ma per gestire 400 pazienti il carico effettivo sfiora le 45 ore.
La rigidità dell’attuale sistema non lascia spazio a soluzioni organizzative flessibili, come il part time o il riconoscimento dello straordinario, rendendo il lavoro ancora meno attrattivo soprattutto per le donne, sempre più numerose nella professione medica. “Serve una svolta culturale e contrattuale – afferma Lucarelli – che riconosca e tuteli le esigenze legate alla maternità, alla malattia e a una pensione dignitosa”. A peggiorare il quadro c’è il nuovo ’ruolo unico di assistenza primaria’, che obbliga i medici a svolgere contemporaneamente attività di medicina generale e continuità assistenziale, senza tenere conto delle competenze, dei carichi di lavoro e della vita personale. Una visione rigida e lontana dalla realtà quotidiana. Infine, le condizioni economiche restano poco competitive: stipendi erosi dall’inflazione, costi crescenti per la gestione degli studi e una percezione diffusa di scarsa valorizzazione professionale.
Per questo lo Smi chiede al Governo e alle Regioni di "intervenire con urgenza per rendere la medicina generale una scelta professionale nuovamente sostenibile e attrattiva, abrogando l’obbligo del ruolo unico e restituendo dignità e futuro a chi ha scelto di essere il primo riferimento di salute per i cittadini".